Gli obblighi fiscali delle Associazioni APS

05.01.2024 - Tempo di lettura: 12'
Gli obblighi fiscali delle Associazioni APS

Le Associazioni di Promozione Sociale (APS) svolgono un ruolo fondamentale nella società, promuovendo iniziative di carattere sociale, culturale, sportivo e a favore di associati e terzi; senza finalità di lucro. Per questo motivo lo Stato ha sempre visto con occhio benevolo la gestione delle APS, garantendo loro numerose tutele in virtù della loro vocazione sociale. Nonostante questo, le APS devono comunque affrontare specifici obblighi fiscali che necessitano di attenta considerazione e gestione. Ecco perché è importante capire nel dettaglio cosa sono le APS e quali sono i corrispettivi obblighi fiscali, in modo da garantire il rispetto di ogni normativa vigente.

APS: cosa sono le Associazioni di Promozione Sociale

Prima di immergerci nei dettagli degli obblighi fiscali delle APS, è utile capire chi sono e cosa fanno le Associazioni di Promozione Sociale. Si tratta quindi di strumenti essenziali per il bene comune e la coesione sociale, che devono comunque sottostare a precise regole fiscali per mantenere la loro integrità e trasparenza.

Gli obblighi fiscali delle associazioni APS

Come accennato, le APS, pur perseguendo finalità di utilità sociale, non sono esenti dagli oneri fiscali. È essenziale comprendere appieno queste responsabilità per evitare inconvenienti e garantire la conformità alle leggi vigenti.

La prima considerazione da porre è il riconoscimento delle APS. Con l’avvento del RUNTS (Registro Unico Nazionale del Terzo Settore) è divenuto necessario iscriversi a tale elenco per garantirsi la natura pubblicistica di APS. Prima di questa introduzione, invece, era facoltativo iscriversi a un registro regionale.

Non commercialità delle APS: cosa significa?

Le APS, come Enti del Terzo Settore (ETS), sarebbero di norma soggette a una regola cardine: la non commercialità delle loro attività. Questo principio implica che le entrate generate dalle attività svolte non devono avere finalità lucrative per gli associati.

Le attività che rientrano nella non commercialità sono quelle strettamente connesse agli scopi istituzionali delle APS, come eventi culturali, sportivi, e iniziative a scopo benefico. Nello specifico, secondo quanto espresso dall’articolo 79 del Codice del Terzo Settore, per disposizione generale agli ETS non sono ritenute commerciali le attività:

  • Espletate in forma gratuita;
  • Espletate con la richiesta di un corrispettivo, a patto che questo non superi i costi diretti (i costi sostenuti per offrire il servizio sociale di riferimento delle APS).

L’art. 85 CTS descrive poi il perimetro più ampio delle attività non commerciali svolte dalle APS, che si differenzia in modo apprezzabile dalle regole altrimenti riconnesse agli ETS.

Rispetto alle APS non sono infatti commerciali:

1) Le attività effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici:

  • in diretta attuazione degli scopi istituzionali;
  • nei confronti dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, ovvero degli associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, nonché nei confronti di enti composti in misura non inferiore al 70% da enti del Terzo settore ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. m).

2) Le cessioni di proprie pubblicazioni:

  • in attuazione degli scopi istituzionali;
  • dietro pagamento di corrispettivi specifici;
  • anche quando sono cedute a terzi;
  • purché cedute prevalentemente agli associati e ai loro familiari.

3) Le attività di somministrazione di alimenti o bevande e di organizzazione di viaggi e soggiorni turistici:

  • svolte soltanto da alcune APS, quelle le cui finalità assistenziali sono riconosciute dal Ministero dell’Interno e che sono iscritte in apposito registro (art. 3, comma 6, lett. e), L. 287/91);
  • anche se effettuate dietro corrispettivi specifici;
  • presso le sedi in cui viene svolta l’attività istituzionale (la somministrazione da bar e esercizi similari);
  • purché siano strettamente complementari a quelle svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali;
  • devono essere effettuate nei confronti degli associati e dei familiari loro conviventi;
  • non debbono avvalersi di strumenti pubblicitari o di diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi dagli associati.

4) Le attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che:

  • la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario;
  • sia svolta senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato.

La domanda, quindi, è conseguente: quali sono gli obblighi fiscali di queste APS?

In deroga alle regole appena viste, l’art. 85 CTS specifica che si considerano comunque commerciali, ai fini delle imposte sui redditi:

  • le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita (salva la specifica ipotesi sub 4);
  • le somministrazioni di pasti (salva l’ipotesi sub 3);
  • le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore;
  • le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito;
  • le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali;
  • le attività di gestione di spacci aziendali e di mense (salva l’ipotesi sub 3);
  • l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici (salva sempre l’ipotesi 3);
  • la gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
  • la pubblicità commerciale;
  • le telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.

Gli obblighi fiscali per le APS commerciali

Le APS che svolgono attività commerciali sono tenute, quindi, ad aprire Partita IVA.

Per le attività che permettono la facoltà di emissione della fattura, come previsto dall’articolo 22 del DPR 633/72, è sufficiente che l’APS si doti di un registratore telematico ed emetta i “documenti commerciali”. In altri casi, è necessario emettere fatture elettroniche.

Non solo, il Codice del Terzo Settore ha introdotto anche un regime forfettario opzionale per le APS con un giro d’affari fino a 130.000 euro annui. Tale regime prevede l’applicazione di un’aliquota del 3% sui ricavi da attività commerciali, su cui si calcola l’IRES ed eventualmente l’IRAP, se non esentata dalla normativa regionale.

Quanto all’IVA, le APS che adottano questo regime sono esentate dalla rivalsa dell’imposta: non la indicano in fattura né la versano allo Stato, non hanno diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti.

È possibile, comunque, optare per l’applicazione dell’Iva nei modi ordinari, pur rimanendo nel contesto del regime forfetario ex art. 86 CTS (quindi l’APS-ODV applica il forfettario per le II.DD. e l’ordinario per l’IVA); l’opzione è vincolante per almeno un triennio, trascorso il quale resta valida per ciascun periodo d’imposta successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.

Infine, a livello di conservazione le APS devono conservare sia i documenti fiscali passivi che attivi, pur non essendo obbligate a una tenuta di contabilità completa ai fini fiscali. È sufficiente integrare le normali scritture contabili redatte per il rendiconto annuale da depositare presso il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore.

Va ricordato che le disposizioni di natura fiscale, contenute nel Codice Terzo Settore (in particolare, nel Titolo X), si applicheranno agli enti iscritti nel RUNTS a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione europea.

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