Come investire sulle risorse umane nel settore edilizio

20.07.2023 - Tempo di lettura: 2'
Come investire sulle risorse umane nel settore edilizio

Il settore delle costruzioni sta attraversando un periodo di ripresa dopo anni di mercato stagnante e le prospettive per i prossimi anni possono essere considerate positive, soprattutto se consideriamo che lo stimolo principale di questa crescita è rappresentato dalla necessità di migliorare l’efficienza energetica del patrimonio immobiliare esistente e di rinnovarne gli aspetti funzionali.

Come in altri settori (manifattura, automotive, ecc.) le leve che stanno muovendo l’economia generale sono la sostenibilità ambientale e la necessità di ridurre il fabbisogno energetico globale. In quest’ottica il comparto immobiliare è uno degli ambiti nei quali c’è ancora molto lavoro da fare, con margini operativi molto ampi. Ne è dimostrazione la “Direttiva Green” della Comunità Europea, che sta delineando delle prospettive molto chiare per il mercato delle costruzioni nel futuro prossimo: un processo generale di trasformazione del patrimonio edilizio esistente che sarà più incisivo laddove l’età media degli immobili sarà più elevata. L’Italia, da questo punto di vista, è in prima linea e dovrà far fronte alle richieste comunitarie con un piano programmatico a lungo termine, dato il forte impatto che esse potranno avere sul sistema economico-sociale del Paese.

A fronte di scelte a cui dovrà far fronte la compagine politica, il mondo imprenditoriale dovrà però farsi trovare pronto, per sostenere in maniera efficace una domanda che si preannuncia potenzialmente importante.

Non dovranno più ripetersi le situazioni che si sono create durante il ciclone Superbonus che, data la straordinarietà dello strumento e la particolare congiuntura storica del post-pandemia, ha colto di fatto impreparate imprese ed aziende produttrici, incapaci di far fronte ad una domanda enorme concentrata in un lasso temporale brevissimo, per di più a seguito di un lungo periodo di crisi che aveva portato ad una destrutturazione generalizzata delle imprese del settore.

Imparata la lezione, la capacità produttiva del settore edile ora dovrà essere adeguata ed in grado di dare risposte concrete al mercato, per far sì che le occasioni che esso propone possano essere colte al meglio.

Se dal lato manifatturiero le maggiori incognite resteranno la reperibilità ed il costo delle materie prime, dal lato imprese il principale problema da risolvere è destinato a rimanere sempre quello delle risorse umane. La reperibilità di manodopera rappresenta ormai da anni un punto di debolezza sostanziale del settore, che non accenna a diminuire nonostante alcune iniziative localizzate da parte delle Associazioni di Categoria.

Da tempo il ricambio generazionale nella manodopera edile ha subito un brusco rallentamento, generando una dispersione di tutte quelle conoscenze tecniche e pratiche che sono il vero patrimonio di ogni comparto produttivo. La scarsa attrattività del cantiere come luogo di lavoro tra le fasce di età più giovani ha provocato un vero e proprio vuoto: a fronte di un sovrannumero di tecnici specializzati di livello medio-alto (architetti, ingegneri, ecc.), man mano che ci si avvicina alla concretezza operativa del cantiere le professionalità tendono a diminuire in numero ed esperienza, partendo dai capocantiere fino ad arrivare alle figure di muratore o carpentiere, sempre meno numerose e soprattutto con competenze sempre meno complete.

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Poiché da sempre è il patrimonio umano che costituisce il cuore di ogni Azienda, un settore con uno scarso ricambio generazionale è destinato a patire notevoli difficoltà non solo numeriche ma anche e soprattutto riguardo al trasferimento delle conoscenze pratiche che si sono consolidate nel tempo.

È indispensabile, quindi, porre il reperimento e la formazione della manodopera al centro dell’agenda del settore edile: per fare questo è necessario investire sull’attrattività lavorativa del mondo delle costruzioni.

Il lato economico-retributivo è importante ma tutto non può essere ricondotto a questo unico aspetto: i contratti nazionali edili non sono di certo tra i più svantaggiati ma evidentemente ciò non basta. È

fondamentale far percepire come il lavoratore che opera nell’edilizia sia una professionalità di primo livello, adeguatamente formata, che contribuisce allo sviluppo di un settore che ha pochi eguali a livello di impatto sociale sulla vita di tutti.

 

Costruire case significa dare forma all’ambiente in cui tutti viviamo e mantenere il più alto possibile il livello qualitativo delle costruzioni è una responsabilità sociale che investe tutti gli operatori della filiera, a tutti i livelli. Troppo spesso nel nostro Paese si è persa la dignità percepita nei confronti del lavoro manuale ed il settore edile è uno di quelli che ne ha sofferto maggiormente.

Partendo da un’educazione di base di tipo sociale, sarà più semplice avvicinare le nuove generazioni, che dovranno poi essere supportate nel loro percorso da un’adeguata formazione, teorica e on the job, che faccia sentire loro parte di un sistema produttivo di alto livello che necessita di figure professionalmente elevate, anche quando la loro mansione è prettamente legata alla manualità.

Solo in questo modo il settore potrà tornare ad essere veramente attrattivo, creando nuove leve pronte a supportare una domanda che non potrà che essere importante nel futuro prossimo, proprio per una necessità strutturale del patrimonio edilizio nazionale. Nell’ottica di una rimessa in moto della macchina produttiva del nostro Paese, che l’attuale governo si propone di fare, non si può dimenticare l’edilizia. E’ assolutamente vitale non solo per il livello qualitativo delle nostre costruzioni ma dell’intero ambiente in cui viviamo, intraprendere un percorso di avvicinamento delle nuove generazioni al mondo del cantiere, da sempre importante serbatoio di opportunità di lavoro per larghe fasce della popolazione.

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