Quali competenze manageriali deve possedere l’avvocato?

27.05.2019 - Tempo di lettura: 3'
Quali competenze manageriali deve possedere l’avvocato?

Nella nuova dimensione dello studio legale azienda, l’avvocato tuttofare, individualista non può avere la meglio, al contrario, serviranno competenze gestionali di vario tipo per realizzare gli obiettivi dello studio.

Che la professione sia cambiata è oramai chiaro a tutti. Che il mercato richieda nuove competenze lo è altrettanto. Aggiungiamo anche che il futuro non potrà che essere nuovamente diverso; da capire è come, non se. Partendo da qui.
La sfida che i professionisti sono chiamati a vincere è di prevedere come evolverà la propria professione e anticipare questo cambiamento facendosi trovare pronti all’appuntamento. È come prevedere la successiva mossa dell’avversario in una partita a scacchi, solo che qui l’avversario è il cambiamento, che con ritmo esponenziale, sta seguendo logiche totalmente nuove per chi delle professione ha fatto la propria vita negli ultimi venti anni. Il nostro focus è sulla professione legale per eccellenza, l’avvocatura, ma le considerazioni che seguiranno possono essere estesa ad altre categorie professionali, compagni di viaggio in questa avventura.

Da tecnico a imprenditore

Le facoltà di giurisprudenza ancora oggi preparano tecnici del diritto. Nella migliore delle ipotesi si esce dal percorso di studi con il bagaglio culturale (teorico) di codici e leggi e una mentalità problem solving oriented. Da decenni il legale è colui che maneggia la normativa per trovare soluzioni, per perorare diritti, per far valere posizioni e interessi. Cambiato qualcosa in questo? No, direi di no. Questa funzione di guardiano delle norme e gestore della loro titolarità non è venuto meno negli anni e neppure oggi lo è. Infatti non si tratta di perdere questa funzione, bensì di aggiungere ad essa altre funzioni socialmente ed economicamente richieste dal mercato.
Se fino ad oggi il legale era visto e operava come tecnico del diritto, d’ora in poi ciò che gli viene richiesto, soprattutto dal mondo business dell’azienda, è di affiancarsi all’interessato nelle scelte, di prevenire i problemi, di indirizzare a monte e di entrare nel tessuto economico dell’azienda cliente per supportare le decisioni imprenditoriali con una visione a tutto tondo.

In sostanza, l’imprenditore e il manager d’azienda cercano nel proprio consulente legale una spalla, un partner con cui condividere le scelte, confrontarsi e valutare passo dopo passo. Tutto ciò richiede all’avvocato nuove competenze e un nuovo linguaggio: oggi il cliente azienda vuole che il proprio consulente conosca la propria azienda, le dinamiche interne, l’organizzazione, il linguaggio, le tempistiche d’azione e possibilmente anche i prodotti e il mercato in cui essa opera. In altre parole, chiede di essere compreso e affiancato nelle decisioni come se il proprio avvocato fosse più un socio con competenze giuridiche, che non un esterno con esclusive competenze tecniche. L’alternativa a ciò è essere vissuti come un “intoppo”, come qualcuno che non capisce certe esigenze e che non risponde con i tempi dell’azienda. Le soluzioni suggerite dal legale devono integrarsi con le dinamiche aziendali, devono essere sostenibili e devono rispettare il vissuto dell’azienda e possibilmente anche i suoi valori. In caso contrario, sarete vissuti come tecnici da sentire spot per il caso urgente e solo quando non se ne può fare a meno. In sostanza, sarete un risolutore di problemi e non un consulente di decisioni.

Con quale squadra operare?

Spostiamo ora lo sguardo all’interno dello studio professionale. Per chi opera con il mondo business e non solo con i privati, ci dobbiamo chiedere quali competenze richiede oggi il mondo impresa e come possiamo rispondere adeguatamente a tali richieste.
Innanzitutto i tempi. In passato i tempi di risposta erano decisamente più morbidi e decisi il più delle volte dall’avvocato, che imponeva le proprie esigenze di carico di lavoro e di studio e analisi del caso. A ciò poi si aggiungevano i tempi della giustizia e il gioco era fatto. Le tempistiche erano spesso bibliche e decisamente poco consone ai tempi dell’azienda e del suo mercato. Conseguenza di ciò era che se si poteva evitare di sentire il proprio avvocato e si poteva risolvere in altro modo la questione che si presentava, tanto meglio. Inoltre l’avvocato costa, per cui se si poteva evitare di spendere soldi e trovare soluzioni alternative, ancora meglio. Questa era la situazione passata. Oggi il mercato delle aziende è molto più complesso; alle normative nazionali si aggiungono quelle comunitarie e internazionali; alla concorrenza locale si somma la concorrenza nazionale e, grazie al web, mondiale. A cosa porta tutto ciò? Ad un aumento incredibile della velocità di azione per essere competitivi e, di conseguenza, ad una necessità di ricevere risposte immediate o con tempi strettissimi dai propri legali per operare scelte strategiche che possono fare la differenza.

Detto ciò, la domanda che ci dobbiamo porre è come può oggi uno studio legale essere performante e quindi tempestivo nelle risposte e nello stesso tempo coprire un ampio spettro di discipline giuridiche e magari anche economiche e fiscali, per offrire una consulenza completa e integrata al proprio cliente azienda? La risposta non può che essere mediante un team composito di professionisti, ciascuno specializzato su una materia del diritto (meglio se con una cultura giuridica di base che abbracci più aspetti) in modo da avere tanti specialisti aggiornati e competenti nei vari ambiti del diritto e offrire così un supporto a tutto tondo tempestivo e preciso.
Per fare ciò è necessario avere una squadra di persone affiatate, che sanno lavorare insieme, che sanno interagire, che conoscono le dinamiche del team working e che vogliono dare al proprio cliente un servizio integrato di alto livello.

Bene, abbiamo trovato la soluzione e come la mettiamo con la mentalità dell’avvocato, storicamente individualista, libero battitore, geloso della propria clientela e del proprio sapere? Come impareranno i nostri eroi a dialogare in studio, a fare le riunioni come si deve, a fare knowledge sharing, a curare il clima interno perché tutti siano allineati allo scopo e lavorino seguendo i valori guida dello studio?

Ecco che lo studio legale composto dall’avvocato, il praticante e la segretaria si è trasformato e come la crisalide ne sta uscendo fuori uno studio-azienda, con diverse professionalità al proprio interno, diverse seniority, un sistema di valori alla base che ne definisce l’identità, regole comuni da seguire, dinamiche aziendali da rispettare. Accanto ai professionisti saranno poi necessarie quelle figure cerniera che tengono unito tutto ciò e permettono al sistema di funzionare: lo staff di studio. A seconda delle dimensioni avremo segretarie, receptionist, addetti all’amministrazione, IT manager, persone dedicate al marketing e alla comunicazione.
La trasformazione è compiuta: del vecchio studio boutique non rimane quasi nulla, se non la passione per la professione e il desiderio di essere un valido supporto per il cliente; modalità, tempistiche, dinamiche, procedure, saranno completamente diverse.

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Lo studio azienda

Come tutte le aziende, anche lo studio legale necessiterà di strumenti e una nuova mentalità per operare e prosperare. Business plan, business model, procedure, organigramma, funzionigramma, riunioni, deleghe, feedback saranno all’ordine del giorno. Senza di essi il rischio di procedere a caso e di non avere alcun controllo è molto alto. Quali sono le competenze utili per gestire una struttura di studio con tali fattezze? Sono le competenze manageriali che puntano all’efficacia e all’efficienza delle attività.
Efficacia vuol dire idoneità per raggiungere l’obiettivo, mentre efficienza riguarderà l’impiego delle risorse necessarie, che dovranno essere solo quelle indispensabili e nulla più. Il risultato di azioni efficaci ed efficienti si chiama performance. Poiché le risorse non sono illimitate, a cominciare dal tempo a disposizione, fino alle risorse economiche, nervose e mentali, la loro gestione oculata farà la differenza sui risultati dei singoli e dei team.
Nella nuova dimensione dello studio legale azienda, l’avvocato tuttofare, onnisciente, individualista non può avere la meglio, al contrario, serviranno competenze gestionali di vario tipo per realizzare gli obiettivi dello studio.

Riunioni

Le riunioni saranno lo strumento chiave per gestire diverse tipologie di situazioni: da quelle organizzative (la suddivisione degli incarichi) a quelle relazionali (la gestione dei conflitti), a quelle motivazionali (la definizione e condivisione degli obiettivi). Ricordiamo che la riunione in quanto tale è solo la situazione formale preceduta da una convocazione, da un ordine del giorno, da un timing di inizio e fine, da una location adeguata (la sala riunioni) e dalla sua gestione ordinata. Non è riunione tutto ciò che avviene nei corridoi dello studio, davanti al caffè, al ristorante o nell’ufficio di uno piuttosto che l’altro collega. Queste saranno utili confronti, ma non riunioni e la differenza è netta tra le due situazioni.

Delega

Saper conferire un incarico dove sia chiara l’aspettativa del delegante, dove vi sia una dead line, dove siano fornite le risorse non è semplice. Molti confondono il parlare, l’indicare per sommi capi un desiderio o una richiesta imperativa, con la delega. Ricordatevi che se non viene conferita con tutti i crismi della delega, addirittura l’incarico potrà procurare più danni che risultati. Il delegato entrerà in ansia, probabilmente non porterà il risultato sperato, ciò produrrà attriti e peggiorerà il clima interno al team.

Feedback

Alla delega deve seguire un riscontro, sia per dare modo al delegato di capire cosa ha fatto correttamente e cosa modificare in futuro, si per gratificare l’eventuale impegno del delegato, anche laddove non abbia raggiunto pienamente il risultato sperato. Lasciare senza feedback chi si è impegnato per il raggiungimento di un risultato, produrrà demotivazione e non permetterà di crescere ed evitare la ripetizione di eventuali errori.

Business plan e business model

Come ogni struttura organizzata che opera nel mondo del business a scopo di lucro, anche lo studio legale dovrà agire sulla base di un business plan che dimostrerà la sostenibilità economica delle attività che si vogliono intraprendere. Prima di effettuare scelte, che siano investimenti oppure spese, scelte di personale e di risorse, è necessario effettuare le opportune verifiche e proiezioni (forecast) di sostenibilità economica, altrimenti le scelte saranno effettuate meramente ad istinto, oppure su base delle esperienze pregresse.
Il business model, invece, indica il modello di business che si intende seguire per produrre risultati. Ciò comporta la scelta del target di riferimento, delle modalità di azione, dei tempi, dello stile. Si può scegliere di puntare solo ad aziende si una certa dimensione offrendo servizi specialistici di alto valore aggiunto, piuttosto che operare con le persone fisiche; si può scegliere di formare un portafogli clienti con moltissime posizioni di entità economica limitata (magari perché si preferisce suddividere il rischio su un parco clienti molto ricco), piuttosto che scegliere di lavorare con pochi clienti di grandi dimensioni che coprono in pochi l0intero fatturato.
Nessuna scelta è corretta in sé, tutto dipende dagli obiettivi, dalle risorse, dai tempi e dalla sostenibilità non solo economica, ma anche emotiva delle scelte stesse.
In conclusione, l’avvocato dovrà in futuro avere la capacità di distinguere le situazioni in cui è chiamato a rivestire i panni del tecnico del diritto e le situazioni in cui è chiamato a svolgere la funzione del manager che gestisce risorse per ottenere risultati. Il terzo passaggio sarà quello di rivestire i panni dell’imprenditore. Avremo occasione di parlarne nelle prossime puntate.

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