Cedolare secca e affitti brevi: come si calcola l’imposta sostitutiva

Per gli affitti brevi è possibile beneficiare della tassazione agevolata prevista dalla cedolare secca: le istruzioni per calcolare correttamente la base imponibile
Chi gestisce affitti brevi in forma privata può scegliere di applicare la cedolare secca ai redditi che ne derivano, una forma agevolata di tassazione prevista per i contratti di locazione.
In presenza di specifici requisiti è possibile seguire questa strada alternativa e applicare l’imposta sostitutiva con aliquota al 26 per cento (o del 21 per un solo immobile a scelta) da applicare alla base imponibile.
Le istruzioni per effettuare correttamente il calcolo delle somme da versare in sostituzione dell’IRPEF, delle addizionali regionale e comunale e delle imposte di registro e di bollo, sui contratti eventualmente registrati.
Cedolare secca e affitti brevi: quando si può applicare e come si calcola l’imposta
Prima di tutto vale la pena riepilogare i requisiti che permettono di applicare la cedolare secca sugli affitti brevi, ovvero quei contratti di locazione di immobili a uso abitativo, situati in Italia, di durata non superiore a 30 giorni e stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa.
Più nel dettaglio, è possibile accedere alla tassazione agevolata quando si verificano le seguenti condizioni:
- la durata del contratto non supera i 30 giorni;
- non è richiesto un particolare schema contrattuale;
- i contratti riguardano solo le unità immobiliari (locate anche per finalità turistiche) a uso abitativo (categoria catastale da A1 a A11, escluso A10), situate in Italia ed eventuali pertinenze, includendo eventualmente anche servizi accessori alla locazione (fornitura biancheria, pulizia locali, wi-fi, utilizzo utenze telefoniche)
- le parti, chi concede gli spazi e chi ne usufruisce, sono rappresentate da persone fisiche che operano al di fuori di attività imprenditoriali.
Via libera alla cedolare secca anche in caso di sublocazione, contratti a titolo oneroso conclusi dal comodatario, locazioni di singole stanze di un’abitazione.
Si può seguire questa strada, inoltre, anche quando ci si affida a soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare o che gestiscono portali telematici, ma il Disegno di Legge di Bilancio 2026 sul punto ha messo in cantiere importanti novità.
In caso di approvazione definitiva della norma nella sua prima versione, per gli affitti brevi non stipulati direttamente si applicherà sempre l’aliquota del 26 per cento.
Con la norma attuale, l’imposta sostitutiva si calcola considerando due diverse percentuali:
- l’aliquota base del 26 per cento, che si applica in via generale;
- quella ridotta del 21 per cento per un solo immobile a scelta.
Cedolare secca e affitti brevi: le regole per calcolare la base imponibile
A prescindere dalla percentuale più o meno vantaggiosa da considerare per il calcolo dell’imposta sostitutiva da versare, vale la pena soffermarsi anche sulla corretta determinazione della base imponibile.
In linea generale bisogna tenere conto dell’intero importo del canone indicato nel contratto: non è previsto l’abbattimento forfettario del 5% previsto nel regime di tassazione ordinaria dei canoni di locazione.
Per i contratti di sublocazione e quelli a titolo oneroso tramite i quali il comodatario concede il godimento dell’immobile a terzi, bisogna prendere in considerazione i corrispettivi lordi derivanti dagli stessi contratti.
Ad esempio, se il contratto prevede anche un corrispettivo per la fornitura di altri servizi, calcolato forfettariamente, bisogna calcolare le somme dovute sull’importo complessivo.
Ci sono, però, anche casi in cui le spese per i servizi accessori non concorrono a formare il corrispettivo lordo: non si considerano nel calcolo della cedolare secca, se sono sostenute direttamente dal conduttore o vengono riaddebitate dal locatore al conduttore sulla base dei costi e dei consumi effettivamente sostenuti.
Considerando queste regole, si calcolano le imposte dovute, applicando l’aliquota del 21 o del 26 per cento, in base al numero di immobili concessi in locazione che, in ogni caso, non possono essere più di quattro.