Ripensare la comunicazione: una nuova sfida per gli Studi Legali

13.10.2025 - Tempo di lettura: 3'
Ripensare la comunicazione: una nuova sfida per gli Studi Legali

Abbiamo intervistato il Direttore di Mag e Legalcommunity.it, Nicola Di Molfetta, sulla comunicazione degli Studi per una panoramica sull’evoluzione e la trasformazione della comunicazione negli Studi Legali.

 

Nicola Di Molfetta è un giornalista, direttore di Mag e Legalcommunity.it, testate focalizzate sul mercato legale, che da circa vent’anni osserva il mercato degli studi professionali e grazie alla sua esperienza ci ha aiutati ad analizzare la trasformazione della comunicazione all’interno degli stessi. Un tempo il silenzio, oggi il rumore. In vent’anni gli Studi Legali sono passati dal non comunicare al comunicare troppo, spesso male. Il Direttore invita a una riflessione: meno parole, più fatti, linguaggio chiaro e valore pubblico come chiave per riconquistare autorevolezza.

Direttore possiamo dire che osserva il mercato degli Studi Legali da circa 20 anni. Com’è cambiato il loro modo di comunicare? E non parliamo solo di rapporto con la stampa ma di un’analisi complessiva, che parte dai materiali di comunicazione, sito, eventi e iniziative di vario tipo?

Il modo di comunicare è cambiato radicalmente, se non altro perché si è passati dal non comunicare affatto al comunicare tanto (forse troppo). Questo si è tradotto in quella che potremmo chiamare infodemia legale, per cui diventa difficile seguire con efficacia, a meno che non si sia specialisti della materia, quello che accade di rilevante nel comparto. Troppa comunicazione, crea il buio come il silenzio assoluto. Gli studi e gli avvocati dovrebbero selezionare ciò che possono comunicare nell’interesse del mercato e del sistema. Pena tornare invisibili esattamente come quando non si comunicava nulla.

Ha notato una trasformazione anche del linguaggio e dei mezzi utilizzati?

Il linguaggio purtroppo non è molto cambiato. Il legalese imperversa e spesso si ferma alla forma, lasciando la sostanza alla lettura tra le righe (ancora una volta, una pratica che può riuscire sono ai veri esperti del settore). Servirebbe un linguaggio più diretto, chiaro, privo di parafrasi e iperboli. Un linguaggio de-aggettivizzato dal quale possano trasparire fatti e dati di interesse pubblico. Gli studi, oltre ai media giornalistici, si sono giustamente avvicinati ai social. Ma la sensazione è che, una volta in vetrina fatichino a trovare qualcosa di  rilevante da dire. Attenzione, questo non accade perché non abbiano cose importanti da comunicare, ma perché non si rendono conto che spesso non coincidono con ciò che il pubblico vuole conoscere.

Quanto pesa e in quale modo la rivoluzione tecnologica?

La tecnologia pesa e peserà sempre di più. I canali di comunicazione si moltiplicano e spesso spiazzano gli avvocati. Ancora oggi, per esempio, molti usano i social come se fossero una sorta di diario privato in cui scrivere e pubblicare pensieri, immagini e video che nessuno potrà vedere ad eccezione dei propri amici e contatti. Non è così. Quindi bisogna stare molto attenti a come ci si muove su queste piattaforme.

Come è cambiato e quanto influisce il ruolo dei dipartimenti di comunicazione all’interno degli studi e il supporto delle agenzie stampa esterne?

È cambiato nel senso che sempre più studi ne sono provvisti. Non è cambiato nella misura in cui sono ancora gli avvocati a dettare le linee guida della comunicazione di studio. Io credo, invece, che i professionisti delle PR dovrebbero guidare i loro clienti legali nel fare una buona comunicazione, una comunicazione efficace, coerente, interessante, fattuale, non autocelebrativa, consistente e utile.  I comunicatori interni e i consulenti esterni dovrebbero cominciare a formare i loro avvocati in tema di comunicazione e smetterla di fare solo quello che il committente “ordina”.

Quali gli errori più comuni che compiono?

Non si chiedono se un’analoga iniziativa di comunicazione, fatta da un concorrente, sarebbe o meno in grado di catturare la loro attenzione. Eppure, sarebbe un esercizio utilissimo. Voglio comunicare questa cosa. Bene. Se lo facesse un altro collega di un altro studio gli dedicherei un minuto di lettura? Se la risposta è no, allora quella iniziativa va accantonata e bisogna passare oltre.

Quali invece gli aspetti o le iniziative più virtuose?

La virtù è cosa rara nel valzer delle vanità che è l’universo della comunicazione. Ma raro non significa inesistente. Credo che il fatto che sempre più studi stiano cominciando a fare bilanci di sostenibilità in cui si aprono all’esterno con dati e fatti concreti capaci di raccontare cosa sono e che ruolo hanno nel mercato, sia una pratica che dovrebbe essere sempre più diffusa.

Cosa si sente di augurarsi per il futuro della comunicazione degli studi, quale messaggio o indicazione possiamo dare?

Non abbiate paura della verità. Non abbiate paura di conoscervi davvero e di raccontarvi per ciò che siete. Una comunicazione seria è una comunicazione che ha valore. Quanto agli auguri, posso solo augurarmi che il settore della comunicazione degli studi possa crescere in autorevolezza e come tale possa posizionarsi nelle dinamiche del comparto.

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