Come le piattaforme di social learning possono diventare Community

12.09.2017 - Tempo di lettura: 2'
Come le piattaforme di social learning possono diventare Community

L’evoluzione delle esigenze di apprendimento e fruizione della conoscenza attraverso le nuove tecnologie richiede la realizzazione di piattaforme dedicate di social learning per la formazione on line; piattaforme che ridisegnino le dinamiche di erogazione della formazione in modo efficace e rappresentino vere e proprie Community riconoscibili, dotate di una propria vitalità  e funzionalità  interna.

Cerchiamo di comprendere quali sono i fattori che spingono una semplice piattaforma a trasformarsi in Community.

Verso nuovi strumenti digitali e nuove figure professionali.

Con il passare degli anni, la pianificazione del tempo riservato all’apprendimento digital (video-corsi, webinar, MOOC, app, ecc.) si è ampliata in considerazione del fatto che l’attività  lavorativa, grazie alla stessa tecnologia, è diventata più fluida ed elastica. Le logiche di erogazione della formazione, a loro volta, si stanno gradualmente liberando da schemi formali e vincoli strutturali o funzionali troppo restrittivi. Ci riferiamo ad esempio agli strumenti tradizionali quali corsi d’aula, lezioni frontali ecc. affrontati con buona volontà  dagli studenti, ma vissuti, anche senza volerlo, con un certa disconnessione.

Accanto ai nuovi strumenti digitali acquisisce sempre pi๠importanza la presenza di profili professionali, come i digital learning specialist, capaci di progettare, gestire e monitorare percorsi di formazione digitale sulla base delle competenze necessarie per ogni funzione aziendale.

Come apprendiamo ciò che conosciamo.

Anche se la formazione tradizionale in molte aziende resta ancora prevalente (75% secondo una rilevazione dello scorso anno del Politecnico di Milano), il modello a cui ci si deve riferire è quello chiamato 70:20:10, studiato da Ulrich, che suddivide il patrimonio formativo di una persona in tre parti: la più consistente (70%) composta da attività  ed esperienze vissute on the job; il 20% da scambi sociali con altre persone (peer to peer), nati da collegamenti personali, anche al di fuori degli ambiti stabiliti e in modo informale; e solo il 10% scaturisce da quella che definiamo formazione strutturata.  Insomma, le dinamiche relazionali e le interazioni tra i diversi utenti, alla prova dei fatti, sono in grado di creare pratiche pi๠virtuose ed efficaci della formazione tradizionale.

Contenuti formativi in evoluzione.

Anche gli strumenti di digital learning corrono il rischio di diventare prodotti standard. E questo va evitato perché le esigenze di apprendimento non sono statiche ma richiedono un continuo processo evolutivo che tenga conto dell’autonomia e delle caratteristiche dei destinatari. Chi ha il compito di progettare e produrre contenuti formativi deve ricordare che le caratteristiche di base devono sempre rispondere a criteri di immersività , facile reperibilità, efficacia nel veicolare informazioni utili, senza mai sottovalutare eventuali problemi di overload.

Inoltre, la diffusione della conoscenza va estesa attraverso la partecipazione e l’interazione dei soggetti coinvolti, cercando di cogliere i segnali di cambiamento e di innovazione, facendo attenzione ai linguaggi e agli strumenti di comunicazione, in modo che siano condivisi dagli utenti in base alla diversità  delle risorse disponibili, legate all’età  anagrafica, ai ruoli e alle mansioni svolte.

Lo scouting dei talenti.

L’erogazione della formazione, inoltre, è un sistema efficace per stimolare il talent scouting, perché favorisce la trasmissione e lo scambio delle conoscenze e delle esperienze in modo fluido ed efficace; la finalità  a cui tendere prevede che ogni collaboratore possa diventare a sua volta mentore o tutor per i suoi colleghi.

L’intelligenza collettiva: punto di forza o criticità ?

Se le piattaforme di social learning diventano delle vere e proprie Community, spazi sociali dedicati all’apprendimento, il problema che può emergere riguarda proprio l’aspetto culturale. Questo processo, volenti o nolenti, fa in modo che le conoscenze si possano sviluppare e trasmettere attraverso dinamiche che potremmo definire di intelligenza collettiva. In altri termini, l’elaborazione delle informazioni e la fase di apprendimento acquisiscono, giocoforza, una valenza sociale, collaborativa e interattiva con il positivo effetto moltiplicatore dovuto alle numerose condivisioni cui vengono sottoposte. Saltano certe logiche rigide che inquadrano settorialmente i contenuti e si fanno spazio strutture nuove, pi๠fluide (pensiamo alle folksnomie che aprono a nuovi formati di trasmissione del sapere più spontaneo, meno normativo).

Il punto è che la conoscenza e le informazioni, così estrapolate, perdono il loro valore/potere, non vengono più riconosciute come gerarchiche ma sono il frutto di una collaborazione (cogenerazione) che basa il suo fondamento sull’attendibilità  e l’autorevolezza delle fonti e non più su imposizioni dall’alto. Non solo. Come sappiamo, certe modalità  di erogazione della formazione, come ad esempio il reverse coaching, hanno un effetto non indifferente sulla struttura gerarchica perché  il giovane appena assunto può svolgere il compito di affiancare e aiutare il manager con maggiore anzianità  e potere.

Inoltre, il sistema informatico collegato alla formazione può facilmente evidenziare tutte le attività  svolte on line e prendere atto dei soggetti più attivi, più propositivi, trasformando le loro operazioni in skill e competenze utili, per individuare professionalità più spiccate, expertise e talenti utili per migliorare carenze formative individuali o di gruppo o per studiare percorsi specifici in grado di utilizzare le risorse migliori.

Non siamo lontani da questi obiettivi, dobbiamo solo sfruttare nel modo corretto le possibilità  che ci offre la tecnologia e il mondo digitale.

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