Cosa sono i track record e come usarli per gli studi legali

10.10.2022 - Tempo di lettura: 3'
Cosa sono i track record e come usarli per gli studi legali

Comprendere il significato dei track record e il loro impatto sul posizionamento nel mercato legale è fondamentale. Questi rappresentano la curva dei risultati di un investitore o di un sistema di negoziazione in un periodo specifico. Ma, sono realmente utili per uno studio legale o un professionista?

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Prendendo spunto da un dibattito che ho letto tra i post di Linkedin, tra alcuni professionisti della comunicazione legale, nel quale ci si poneva l’interrogativo se i track record fossero realmente utili a delineare la caratura di uno studio/professionista o se al contrario fossero, invece,  uno specchietto per le allodole per acchiappare “ingenui” clienti, come una sorta di fishing, senza detenere realmente le opportune competenze; credo sia opportuno, come sempre, fare un po’ di chiarezza e definire i termini della questione.

Molti studi hanno la buona abitudine, a mio avviso, di corredare i propri siti internet, le proprie presentazioni ai clienti, con la descrizione di alcuni track record (indicando quindi le operazioni/le assistenze che hanno effettuato). Ma c’è un ma. Come tutti gli strumenti di comunicazione anche la descrizione dei track record deve, o quantomeno, dovrebbe avere, delle caratteristiche, specifiche, per poter essere realmente efficace e credibile.

A mio avviso il fatto di descrivere le operazioni/assistenze portate a termine è un plus, un valore aggiunto, che a differenza di altre tipologie di comunicazioni, molto più autoreferenziali e meno concrete, fornisce le “prove” dell’operato, del lavoro svolto e di quanto uno studio o un professionista sia realmente attivo sul mercato.

Sono indizi che possono delineare le competenze di un professionista, il suo background lavorativo. Insomma fanno curriculum.

Se per esempio, mettendomi nei panni di un’azienda, dovessi selezionare un professionista per una specifica assistenza io andrei a guardare se questi ha effettivamente compiuto in passato e con esito positivo operazioni di quella determinata tipologia.

La redazione del track record però, per funzionare, deve essere dettagliata, specifica, ben articolata e descritta nei particolari.

Dire per esempio Lo studio X ha preso parte all’operazione Y. A mio modesto parere, è come non dire nulla. È come presentarsi ad un’azienda per un posto da manager dicendo di aver lavorato per McDonald’s ma senza specificare il compito di confezionamento panini…

Ma se, invece, la descrizione viene ampliata con: “Lo studio X ha seguito l’azienda Z per quanto riguarda i profili regolatori, amministrativi e relativi agli appalti, in merito all’operazione Y che ha portato alla situazione W”. Allora la storia cambia, e il track record è realmente indizio di partecipazione e competenza di uno studio.

Come sempre, la prima regola, deve essere la trasparenza e la sincerità, perché probabilmente questo dibattito è nato a causa di alcuni studi che pur di comunicare, hanno forzato, edulcorato la realtà, rendendosi protagonisti in una storia che in realtà apparteneva ad altri; e sarà  capitato che in una determinata operazione hanno effettuato la millesima parte di questa, magari portando solo dei documenti ad un altro collega, ma hanno preso la palla al balzo e  trasformato una comparsa in un oscar come miglior protagonista.

Le aziende e i general counsel che si occupano di selezionare i professionisti che li affiancheranno nelle varie questioni legali, ritengo abbiamo le spalle larghe, e le antenne abbastanza aizzate per non cadere in trappolucce del genere.

Ma come sempre, le bugie hanno le gambe corte, e di certo il professionista mendace verrà facilmente smascherato e fermato ai nastri di partenza.

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