Oltre il giovanilismo: la sfida della longevità negli Studi professionali

Per anni gli Studi professionali hanno costruito gran parte della loro strategia di sviluppo attorno ai giovani: i praticanti da formare, i collaboratori dinamici da far crescere, i nuovi partner da inserire. La narrativa dominante era quella del “ricambio generazionale”.
Ma i dati demografici ci costringono a rivedere questo paradigma.
Secondo il World Health Organization, entro il 2030 una persona su sei nel mondo avrà più di 60 anni; in Italia, l’ISTAT conferma che la fascia over 65 è già oggi molto significativa, circa il 25% della popolazione.
E mentre la natalità cala, la vita professionale si allunga: molti avvocati, notai e commercialisti continuano a esercitare ben oltre i 65 anni, spesso con ruoli chiave per la continuità dello Studio.
A complicare ulteriormente il quadro c’è un altro dato: il calo delle iscrizioni alle professioni. Negli ultimi anni, le statistiche hanno registrato una diminuzione di nuovi ingressi sia negli ordini degli avvocati sia in quelli dei commercialisti. Questo significa che il ricambio generazionale non solo è più lento, ma non è nemmeno garantito. Le nuove leve sono meno numerose e questo rende ancora più urgente valorizzare chi è già all’interno dello Studio e creare un ecosistema in grado di trattenere e motivare i talenti.
Non si tratta quindi solo di una questione di numeri, ma di un cambiamento che ridisegna il modo stesso di concepire le carriere, i servizi ai clienti e l’organizzazione interna degli Studi.
Carriere più lunghe, percorsi meno lineari
Il modello tradizionale di carriera – ingresso come praticante, crescita progressiva, partnership a 40-50 anni e uscita a 65 – rischia di non essere più adeguato. Oggi i Professionisti senior rimangono attivi, intraprendono seconde carriere o assumono ruoli di consulenza strategica.
Un esempio interessante arriva dai grandi Studi che hanno introdotto la figura dell’“of counsel”, destinata ai Professionisti che non vogliono o non possono assumere ruoli gestionali ma che offrono grande valore in termini di reputazione e networking. In Italia, sempre più Studi medio-grandi stanno adottando formule simili, per non disperdere il capitale di esperienza accumulato.
Un primo suggerimento per gli Studi è quindi quello di creare percorsi di carriera flessibili, che non prevedano solo la partnership come traguardo, ma anche ruoli di mentoring, di rappresentanza o di specializzazione verticale.
Giovani e senior: dall’alternanza alla collaborazione
Il tema del “ricambio generazionale” rischia di alimentare una visione conflittuale: i giovani che “spingono” e i senior che “resistono”. In realtà, la vera risorsa sta nella collaborazione tra generazioni.
Alcune aziende hanno già sperimentato con successo programmi di reverse mentoring, in cui i giovani trasferiscono competenze digitali ai senior, che a loro volta offrono capacità di visione strategica e gestione della complessità. Gli Studi professionali possono senz’altro replicare questo modello su due fronti:
• interno, favorendo scambi di competenze tra praticanti e soci senior;
• esterno, proponendo ai clienti team misti, che uniscono l’energia dei giovani alla solidità dei più esperti.
Un secondo suggerimento è quindi quello di strutturare team di lavoro volutamente intergenerazionali, con l’obiettivo di unire innovazione e continuità.
Clienti lungo tutto il ciclo di vita
Così come le imprese si stanno spostando dal “generational targeting” al “life-course design”, anche gli Studi devono imparare a considerare i clienti lungo tutto il ciclo della loro vita.
Un imprenditore settantenne non ha le stesse esigenze di una start-up fondata da un trentenne. Eppure entrambi possono essere clienti dello stesso Studio, che deve saper offrire soluzioni personalizzate. Successioni, passaggi generazionali, tutela del patrimonio e pianificazione fiscale per la terza età sono aree in forte crescita. Allo stesso tempo, i giovani imprenditori chiedono consulenza su startup, fintech e sostenibilità.
Un terzo suggerimento è differenziare i servizi, creando linee dedicate alle diverse fasi della vita professionale e personale del cliente.
La comunicazione: rappresentare tutte le età
Nella comunicazione esterna molti Studi puntano sull’immagine della “squadra giovane e dinamica”. È una scelta comprensibile, ma rischiosa: se enfatizzata troppo, può trasmettere l’idea di uno Studio inesperto o poco inclusivo.
Al contrario, valorizzare team composti da diverse età racconta solidità, continuità e capacità di affrontare sfide complesse. È lo stesso principio che alcune aziende hanno adottato nei loro messaggi pubblicitari, dove testimonial senior convivono con volti più giovani, trasmettendo autenticità e credibilità.
Può essere quindi una buona idea rivedere materiali istituzionali, siti web e presentazioni per rappresentare la reale multigenerazionalità dello Studio.
Conclusioni
La longevità non è un tema “sociale” relegato al welfare: è una leva strategica anche per gli Studi professionali.
Il calo di nuove iscrizioni rende ancora più urgente ripensare modelli di carriera e di attrazione dei talenti.
Chi saprà valorizzare i Professionisti senior, promuovere la collaborazione tra generazioni, costruire servizi capaci di rispondere a bisogni lungo l’intero ciclo di vita e comunicare inclusione generazionale sarà più competitivo, attrarrà i talenti migliori e consoliderà relazioni con una clientela sempre più diversificata.
Non è più tempo di chiedersi se affrontare questo cambiamento, ma quanto rapidamente.
 
					 
			 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								 
								