Il processo civile telematico in corte di cassazione: prime istruzioni per l’uso

07.04.2021 - Tempo di lettura: 2'
Il processo civile telematico in corte di cassazione: prime istruzioni per l’uso

Come preannunciato con l’articolo comparso su questa rivista il 9 marzo scorso, il processo civile è divenuto telematico anche in Corte di Cassazione; dal 31 marzo scorso è infatti possibile depositare in tale forma ogni atto e documento.

Ecco perché molti professionisti forensi si stanno mobilitando per adeguarsi alle nuove indicazioni, rivolgendosi a specifici programmi come i software nota iscrizione a ruolo codice a barre. Nel complesso l’utilizzo di un più generico software deposito telematico diventa una soluzione oggi necessaria per consentire il deposito degli atti in modo puntuale e ottimale.

A scanso di equivoci val la pena ribadire come lo switch off digitale sia accompagnato dalla clausola di facoltatività per ogni atto del processo e come esso sia legato al permanere dell’emergenza sanitaria, tant’è che, con l’entrata in vigore del decreto legge n. 44 del 2021 (pubblicato il 6 aprile ’21 in Gazzetta Ufficiale), il periodo di validità dell’art. 221, comma 5, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77 (norma che regge appunto l’architettura del processo in esame), è stato prorogato al 31 luglio 2021.

Delineata la cornice normativa entro la quale si muove la disciplina telematica è bene iniziare ad esaminare alcuni aspetti pratici ai quali dovrà prestare attenzione l’avvocato che si approccerà all’infrastruttura digitale.

Un primo passaggio al quale si dovrà prestare attenzione è la produzione delle notificazioni effettuate a mezzo della posta elettronica certifica, sia che riguardino la sentenza successivamente impugnata sia che riguardino il ricorso (o il controricorso).

In tutti questi casi sino al 31 marzo scorso era pacifico l’obbligo di depositare in formato analogico atti e ricevute PEC munite di attestazione di conformità ai sensi dell’art. 9, commi 1 bis e ter, della legge n. 53 del 1994. Ora però l’assetto è destinato a cambiare e per rendersene conto è sufficiente leggere la norma sopra richiamata.

Il comma 1 bis dell’art. 9 legge 53/94, prevede infatti che “qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’articolo 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’ articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82”.

Sennonché da pochi giorni il deposito telematico è possibile e conseguentemente la norma in questione ha cessato di avere efficacia anche nel processo di legittimità: la prova della notificazione dovrà essere fornita sempre per via telematica anche laddove l’iscrizione a ruolo del procedimento avvenisse in forma analogica.

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Come potrà pertanto procedere l’avvocato?

Certamente scegliendo la strada dell’iscrizione a ruolo telematica (e in tal caso è possibile richiamare quanto già scritto nell’articolo del 9 marzo in punto formazione del fascicolo processuale) o del deposito telematico del controricorso; laddove invece si opti per l’iscrizione a ruolo analogica, si dovrà effettuare un deposito (telematico) di memoria ai sensi dell’art. 372 c.p.c., trattandosi di produzione effettuata a fini di dimostrare l’ammissibilità del ricorso (o del controricorso).

Il discorso naturalmente vale anche per la notificazione telematica della sentenza effettuata dalla parte vittoriosa, per la quale la Corte di Cassazione (con indicazione mai condivisa da chi scrive) richiede(va) l’attestazione di conformità ai sensi dell’art. 9, comma 1-ter, legge n. 53 del 1994. Essendo divenuto possibile il deposito telematico anche tale ricevuta di PEC dovrà essere prodotta in formato digitale (segnatamente in formato .eml o .msg) e la tempestività dell’impugnazione dovrà essere valutata scrutinando la data riportata appunto dal messaggio di posta elettronica e non dalla stampa dello stesso.

Chi si approccerà al deposito telematico noterà anche un aspetto particolare nel momento in cui dovrà effettuare un’attestazione di conformità, per esempio della copia della sentenza impugnata e non notificata.

Come noto molti redattori consentono di procedere con tale incombente con un automatismo; tale possibilità è agevolata dal fatto che negli schemi del processo di merito esiste un tipo-atto apposito che contribuisce oltretutto al popolamento del file “datiAtto.xml”; è dunque sufficiente flaggare una voce del redattore stesso per ottenere la formazione dell’attestazione di conformità su documento separato e, contestualmente, il popolamento del suddetto file xml.

Ebbene, nel processo di legittimità tale tipo-atto al momento manca del tutto, cosicché non è possibile replicare tale facoltà, che anzi sarebbe controproducente: il deposito effettuato secondo gli schemi del merito restituirebbe infatti un errore.

Nei redattori per il processo di legittimità gli utenti troveranno dunque tale possibilità disabilitata; il che ovviamente non vuol dire che non sarà possibile effettuare un’attestazione di conformità su documento separato ma che, semplicemente, non potrà essere sfruttato l’automatismo e la stessa dovrà essere compilata (e firmata digitalmente) dall’avvocato e allegata alla busta telematica (superfluo dirlo, ma val la pena che il file venga denominato “attestazione_conformita”, senza accento).

Da quanto evidenziato appare evidente come tale processo, vuoi per scelte legate al particolare rito vuoi forse per vere e proprie dimenticanze in sede di sviluppo del sistema, non sia un clone a tutti gli effetti del processo telematico in uso per le fasi di merito.

È dunque opportuno esaminare differenze e criticità man mano che saranno evidenziate dalla dottrina al fine di sensibilizzare gli utenti a non commettere errori che possano riverberarsi sull’ammissibilità degli atti depositati.

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