Chi sono gli Enti del Terzo Settore: tipologie e caratteristiche

29.08.2023 - Tempo di lettura: 7'
Chi sono gli Enti del Terzo Settore: tipologie e caratteristiche

Quali sono gli Enti del Terzo Settore (ETS)? La risposta a questa domanda non è poi così scontata, men che meno in questi anni di grande fermento normativo. Come è noto, infatti, la Riforma del Terzo Settore ha cambiato molte carte in tavola, puntando a una netta ridefinizione e riorganizzazione del no profit italiano. Si tratta di un percorso lungo, che ha coinvolto e che sta coinvolgendo migliaia di organizzazioni diverse, portando a un cambiamento amministrativo e gestionale, ma anche culturale, sociale e partecipativo.

L’iter che ha ridefinito gli Enti del Terzo Settore – e che deve ancora essere ultimato del tutto – è iniziato il 18 giugno del 2016 con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge 106/2016, ovvero della legge di delega al Governo per la Riforma del Terzo Settore. Ecco allora che tra 2016 e 2017 si è passati ai cambiamenti concreti, per mezzo innanzitutto dei tre decreti attuativi della riforma, ovvero quello relativo all’istituto del cinque per mille (d.lgs. 111/2017), quello relativo alla revisione della disciplina dell’impresa sociale (d.lgs. 112/2017) e, infine, con il Codice Unico del Terzo Settore (d.lgs. 117/2017). Quest’ultimo, con i suoi 12 titoli e i suoi 104 articoli, rappresenta il cardine del riordino degli ETS come sono oggi e come saranno domani e nei prossimi anni.
A partire da queste normative recenti, dunque, chi sono gli Enti del Terzo Settore?

Enti del Terzo Settore: chi sono?

A spiegare sinteticamente quali sono gli Enti del Terzo Settore è prima di tutto l’articolo 4 comma 1 del Codice Unico del Terzo Settore. Qui si legge:

“Sono Enti del Terzo Settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore”.

Questa può essere presa come una prima e piuttosto chiara definizione di Ente del Terzo Settore, ovvero di fatto di organizzazioni non commerciali o commerciali che perseguono delle finalità civiche, di utilità sociale o solidaristiche.

Vale la pena sottolineare fin da subito che il Codice Unico del Terzo Settore esclude a priori dal gruppo degli Enti del Terzo Settore non solo le amministrazioni pubbliche, ma anche i sindacati, le associazioni professionali, le associazioni di rappresentanza di categorie economiche, le associazioni politiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché in generale gli enti sottoposti a coordinamento da parte di uno degli enti appena nominati.

Di seguito approfondiremo i diversi requisiti che permettono di identificare un’organizzazione come Ente del Terzo Settore.

Il primo requisito di un ETS: l’attività

A definire nel concreto chi sono gli Enti del Terzo Settore sono i requisiti indicati dal relativo Codice, all’altezza degli articoli compresi tra il 5 e il 54. Si capisce quindi che gli elementi necessari per definire un ETS non sono esattamente pochi.

Prima di tutto, a definire cosa può essere un ETS e cosa invece non può esserlo è il tipo di attività. Se infatti gli Enti del Terzo Settore possono svolgere differenti attività, è sempre necessario che queste siano di interesse generale, senza l’obiettivo di generare profitti, e che abbiano lo scopo di raggiungere finalità civiche, solidaristiche o sociali.

Nell’articolo 5 del Codice vengono per l’appunto elencate le attività. L’elenco è molto lungo e si citano, ad esempio:

  • Interventi e prestazioni sanitarie e socio-sanitarie;
  • Formazione universitaria e post-universitaria;
  • Formazione extra-scolastica;
  • Ricerca scientifica di particolare interesse sociale;
  • Educazione, istruzione e formazione professionale;
  • Interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio;
  • Organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale;
  • Alloggio sociale;
  • Beneficienza e sostegno a distanza;
  • Promozione e tutela dei diritti umani.

Per leggere l’elenco completo di attività invitiamo a consultare il testo dell’art. 5 del Codice del Terzo Settore.

Alcune attività svolte possono essere anche diverse da quelle elencate, a patto che queste siano permesse nell’atto costitutivo dell’ente e che siano sempre strumentali e secondarie rispetto all’attività di interesse generale.

Il secondo requisito: la destinazione del patrimonio

L’assenza di scopo di lucro e la destinazione vincolata del patrimonio costituiscono il secondo fondamentale requisito per poter parlare di Ente del Terzo Settore.

Per quanto riguarda l’assenza di scopo di lucro, va detto che l’ETS non può distribuire i propri utili, neppure in modo indiretto. Per quanto riguarda la destinazione del patrimonio, più nello specifico, si sottolinea che in seguito allo scioglimento dell’ente il patrimonio residuo deve essere devoluto ad altri ETS oppure eventualmente alla Fondazione Italia Sociale (opzione che diventa obbligatoria in caso di mancanti disposizioni specifiche da parte dell’organo sociale competente o delle disposizioni dello statuto).

Il terzo requisito: gli obblighi

Il Codice del Terzo Settore prevede una serie di obblighi per gli ETS. Si parla per esempio della presenza dell‘indicazione di Ente del Terzo Settore o di ETS nella denominazione sociale. Il Codice prevede poi, per esempio, che i lavoratori impiegati negli ETS debbano avere un trattamento economico e normativo pari o superiore rispetto a quello previsto nei normali contratti collettivi.

Altro obbligo a cui l’Ente del Terzo Settore deve attenersi è quello relativo alla trasparenza e alla pubblicità; e ancora, il Codice prevede l’obbligo di depositare il bilancio sociale – che deve inoltre essere redatto seguendo le linee guida ministeriali nonché pubblicato sul sito internet dell’ente – presso il RUNTS.

Il quarto requisito: l’iscrizione al RUNTS

C’è un altro requisito obbligatorio per gli Enti del Terzo Settore, un obbligo formale ma indispensabile: ogni ETS per essere tale deve essere iscritto al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, il già citato RUNTS, così come viene spiegato e approfondito nel titolo VI del Codice, tra l’articolo 45 e il 54. Si tratta di un registro telematico istituito presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, uno strumento attraverso il quale viene assicurata la piena trasparenza degli ETS.

Nel momento in cui è stato istituito il RUNTS, è nato anche il divieto di utilizzare la denominazione Ente del Terzo Settore o ETS per qualsiasi realtà non iscritta al Registro Unico nazionale del Terzo settore. Tale Registro viene gestito con modalità telematiche dall’Ufficio Statale, dagli Uffici Regionali e dagli Uffici provinciali, i quali sono presenti in ciascuna Regione come nelle Province autonome di Trento e di Bolzano.

Quali sono gli Enti del Terzo Settore: le tipologie

È ora possibile elencare le diverse tipologie di Enti del Terzo Settore, ovvero:

  • ODV, ovvero Organizzazione di Volontariato
  • APS, ovvero Associazione di Promozione Sociale
  • Enti filantropici
  • Imprese sociali (comprese le Cooperative sociali)
  • Reti Associative
  • Società di Mutuo Soccorso
  • Fondazioni e altri enti di carattere privato.

Possono essere considerati ETS, in modo parziale, anche gli enti religiosi.

Il gestionale che semplifica la gestione dell’ETS

La Riforma ha posto dei paletti ben precisi nella gestione di un ETS: si parla della gestione delle risorse finanziarie, delle risorse umane, degli aspetti contabili, di quelli fiscali e via dicendo. Oltre ad occuparsi di questi aspetti, chi gestisce un ETS deve poi amministrare tutte le attività quotidiane che caratterizzano la vita di un ente, come le comunicazioni agli iscritti, la gestione di eventuali corsi, le relazioni con i fornitori, l’accettazione di pagamenti e la gestione del magazzino. È quindi prezioso poter contare su software gestionale realizzato appositamente per il mondo del no profit come Terzo Settore in Cloud. Questo gestionale semplice e intuitivo permette una gestione corretta, rapida e facile di un ETS a livello operativo, amministrativo e contabile.

Terzo Settore in Cloud
Il software per la gestione degli enti del terzo settore e delle Associazioni no profit.

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