Soluzioni in cloud per l’HR. La diffusione del digitale nelle organizzazioni
I dati parlano chiaramente: il 71% delle aziende italiane spende appena lo 0,05% del fatturato in formazione ai dipendenti. Gli italiani hanno molto da imparare nella gestione degli strumenti digitali.
Lo dice AICA, l’Associazione italiana per l’informatica ed il calcolo automatico, che nel suo report annuale evidenzia come gli italiani siano ben lungi dall’essere alla pari con gli altri cittadini europei. Un gap culturale che costa parecchio alle imprese. Sempre AICA dimostra che la ridotta capacità di estrapolazione, uso ed interpretazione dei dati ha un costo per le aziende di milioni di euro che si potrebbe ridurre in poco tempo con investimenti modesti in programmi formativi.
Non deve quindi sorprendere quando troviamo aziende ancora legate al lentissimo gestionale home made in ACCESS o, peggio, che utilizza un file excel per la gestione di informazioni. Non dobbiamo sorprenderci neppure quando quelle stesse aziende prendono decisioni basandosi su un’analisi spannometrica delle informazioni che non tiene conto delle profonde correlazioni che intercorrono nella grande mole di dati che un’impresa produce.
Viene da pensare al libro Il nostro futuro di Alec Ross, consulente e consigliere di Hillary Clinton, che nel suo testo analizza compiutamente quello che sarà, appunto, il futuro delle imprese. Ross lo dice in maniera educata e con una grande quantità di esempi ma il significato del suo libro è questo: chi non ha dimestichezza con il mondo dell’Information Technology si troverà presto fuori dai giochi.
Big Data, Cloud, Data Visualization e Distributed Computing, algoritmi di machine learning, per l’impresa non dovrebbero più essere parole vuote e prive di significato.
Prendiamo ad esempio il cloud, la cosiddetta nuvola, logiche di fruizione delle tecnologie a garanzia di una maggiore flessibilità in ambito infrastrutturale e applicativo. La fruibilità del contenuto diventa immediata e senza vincoli. L’impatto sul business è innegabile perchè, risparmi a parte, stiamo parlando di ottimizzazione dei tempi di gestione di un progetto, di velocità di condivisione delle informazioni, di correttezza delle informazioni e molto altro ancora. Un esempio tra tutti è la blockchain di cui si fa un gran parlare come la tecnologia del futuro e che spesso, in Italia, è collegata unicamente alla criptomoneta. Quante imprese ne conoscono il potenziale impatto sulla propria azienda in ambiti che spaziano dalla gestione delle risorse umane, alla comunicazione interna, alla valutazione dei profili in termini di competenze espresse, di rendimento effettivo?
Non siamo solo davanti alla quarta rivoluzione industriale che porterà , siamo certi, maggiore disponibilità di informazioni e tecnologia a buon mercato, siamo di fronte ad un cambiamento importante nella struttura culturale e sociale delle imprese, maggiore di quelli che le altre tre rivoluzioni industriali hanno provocato in precedenza. Le imprese sempre di più saranno spinte dal mercato ad essere estremamente versatili, o liquide come mi piace pensare, per adattarsi ai veloci cambiamenti di cui la tecnologia è in parte responsabile.
I dati europei parlano chiaramente, siamo al quartultimo posto per investimenti in tecnologia rispetto agli altri Paesi. Se è vero che l’IT sarà il motore del futuro, non serve aggiungere altri dati. Per rimanere al passo non è sufficiente però un investimento statale in strutture, è chiaro che per gestire tutti questi cambiamenti servono personale preparato e anche personale nuovo ovviamente supportato da software e tecnologie di elaborazione capaci di restituire i dati necessari al management per prendere le strade giuste o per mostrargliene di diverse. La sfida è aperta, tu quali strumenti hai?