Smart working in Italia… a che punto siamo?

29.11.2019 - Tempo di lettura: 2'
Smart working in Italia… a che punto siamo?

Da quando si è accesa la luce sulla possibilità di far lavorare le persone “in remoto” si sono aperti scenari molto interessanti e articolati. Nel favorire la flessibilità e una miglior conciliazione di vita privata e lavorativa, si sono aggiunti nel tempo pro, contro e problematiche inaspettate.
A che punto è allora la maturazione dello smart working? Partiamo dall’innegabile vantaggio ambientale: se posso lavorare da casa, non emetterò tonnellate di CO2 dovute al mio spostamento (quasi sempre in macchina) e avrò anche un vantaggio indiretto sulle emissioni degli altri, riducendo il contributo al traffico.

Forse non è il primo pensiero, quando si pensa ai benefici dello smart working, ma sarebbe opportuno lo diventasse, ora che i cambiamenti climatici bussano con forza alle nostre finestre.
Proseguiamo con l’impagabile riduzione di stress da traffico, da lotta con la sveglia presto, da corsa verso le scuole dei ragazzi e viceversa, a fine giornata.

Potremmo anche aggiungere, senza paura di venir smentiti, la preziosa possibilità di prendersi cura della famiglia in caso di malattia o disabilità: senza cercare baby sitter accampate dell’ultima ora o incappando nella necessità di prendere ferie o rinunciare a lavorare per poter stare a casa ad accudire i nostri affetti. Soluzione non da poco a problemi ordinari e diffusi.

La riduzione degli spostamenti in auto, così come meno necessità di baby sitting, per esempio, implicano poi un vantaggio economico: sicuramente influiscono su una riduzione delle spese famigliari. Tesoretto che, su base annua, può consentirci qualche soddisfazione ulteriore. I momenti per sé e le soddisfazioni grandi e piccole, morali e materiali sono il carburante della nostra vita: aumentarne le potenzialità non può che far bene. Per non parlare poi della maggior disponibilità di tempo generale per la famiglia o per sé: grande, grandissima ricchezza. Anche solo un’ora e mezza nella giornata, sottratta al traffico e restituita alla nostra vita personale è un dono di serenità.

Lo smart working dal punto di vista dell’Azienda

Sicuramente lo smart working ha dato alle Organizzazioni una leva per attuare strategie di affinamento di efficienza economica, riducendo la necessità di spazio per accogliere tutto il proprio personale. Nel caso delle grandi società, la riduzione di costi fissi dovuti all’affitto di edifici/uffici di dimensioni minori può essere infatti davvero interessante. Certo, è emersa la necessità di potenziamento di infrastrutture IT, disponibilità di software e di dati condivisi, sistemi di comunicazione, ma è stata solo un’accelerazione verso una strada già imboccata.

Lo smart working dal punto di vista della Governance generale

Per quanto sembri strano, nonostante gli innegabili benefici esposti precedentemente, le analisi condotte dimostrano che i lavoratori in smart working siano solo mediamente soddisfatti.

Cosa fa ombra al successo dello smart working?

L’essere “animale sociale” dell’uomo, innanzitutto. È quello che riporta, insieme ad altri dati interessanti, l’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net). Il 35% del campione di smart worker considerato dichiara la sofferenza data dalla percezione di isolamento dal proprio contesto aziendale, mentre il 10% lamenta difficoltà di comunicazione data dalla connessione solo virtuale con i colleghi e le derivanti difficoltà dovute alle barriere tecnologiche.

Anch’io personalmente ho raccolto confidenze in tal senso da persone che, seppur inclusi nell’ambito dei privilegiati a cui è stato concesso lo smart working, si deprimono a causa del senso di solitudine, mancanza di presenza, di “scambio”, di momenti di confronto e di relazione, in pausa pranzo o caffè.

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