Rivoluzione antropologica nei modelli di apprendimento? Alimentiamo conoscenza e spirito critico

29.09.2016 - Tempo di lettura: 2'
Rivoluzione antropologica nei modelli di apprendimento? Alimentiamo conoscenza e spirito critico

«L’informazione non è conoscenza» è un concetto molto attuale e interessante sul quale si concentra la riflessione del filosofo francese Michel Serres.

Nel suo ultimo libro tradotto in italiano, Non è un mondo per vecchi, Serres argomenta che stiamo vivendo una rivoluzione antropologica la cui caratteristica principale è «la quasi completa esternalizzazione  –  nei computer, nei cellulari, in rete  –  della memoria umana e delle sue conoscenze».

L’evoluzione tecnologica e i nuovi habitat informativi consentono l’accesso a una tale mole di nozioni (all’apparenza tutte importanti e utili) che è diventato impossibile gestire il processo di apprendimento esclusivamente attraverso i tradizionali metodi di studio utilizzati dalle generazioni precedenti.

E, soprattutto, si sta consolidando un nefasto fraintendimento tra l’essere informati (entrando in contatto con una sovrabbondanza di saperi) e l’essere formati (trasformando quei saperi in “saper fare” e “saper essere”).

«A poco a poco, si afferma una cultura meno analitica, più sintetica e concreta, il che implica il superamento di una certa filosofia tradizionale. Le nuove tecnologie consentono forme di conoscenza collaborativa, attraverso le quali è possibile far evolvere il sapere comune con il concorso delle conoscenze individuali. Grazie alla connessione degli uni agli altri, il collettivo diventa cosciente delle proprie conoscenze, diventa meno cieco a se stesso. Non è ancora l’intelligenza collettiva, ma un progresso in tale direzione».

Dal punto vista organizzativo, però, questo non vuol dire necessariamente che il professionista possa colmare i propri gap di competenza in modo efficace e approfondito autonomamente, senza la guida di un facilitatore, con maggiore esperienza, che ne indirizzi i percorsi e si accerti della qualità  dell’apprendimento stesso, con finalizzazioni più ampie del solo breve periodo.

Come ricorda Serres, infatti, «è vero, alcune aziende sono ossessionate dal processo che risolve un problema. Ma la cultura non è solo trovare soluzioni a problemi pratici, è anche conoscenza e spirito critico».

Da qui l’esigenza sempre più impellente di contaminare le azioni formative di stimoli differenziati e amplificare, da un lato, la responsabilità  dei singoli rispetto alla propria preparazione, creando ambienti di fruizione sempre disponibili, dall’altro, lasciare che i metodi di trasferimento del know how non sottovalutino mai la componente del confronto attivo tra comunità , anche digitali.

La sfida formativa del nuovo millennio sarà  probabilmente quella di riuscire a non sovraccaricare la memoria, senza perderla.

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