“Non è un videogioco, è un’esperienza!” – L’utilizzo dei videogiochi nella formazione aziendale

10.01.2019 - Tempo di lettura: 5'
“Non è un videogioco, è un’esperienza!” – L’utilizzo dei videogiochi nella formazione aziendale

All’interno di un ciclo formativo, la parola esperienza assume un ruolo fondamentale.
Sia nel ciclo di Kolb, sia nel cono della conoscenza di Dale, il vivere direttamente il processo di apprendimento risulta in certi casi pi๠significativo di altri approcci.
Fin dalla sua affermazione all’interno della società , il mezzo videogioco ha interpretato un ruolo importante nel fornire esperienze interattive. La maggior parte delle volte esse erano (e sono) finalizzate a uno scopo prettamente ludico.
Cercando di fare sintesi sulle altre destinazioni, il videogioco a oggi è utilizzato per realizzare anche altri e differenti obiettivi:

  • Educativo/formativo: utilizzando le tecniche di game design, il gioco ha l’obiettivo di insegnare materie, nozioni o educare a comportamenti positivi (Dumb ways to die)
  • Promozionale: si promuove un prodotto, un luogo, utilizzando personaggi che sono legati al brand o il prodotto stesso. Dal gioco Cool Spot, mascotte ufficiale della bibita 7Up negli Stati Uniti alla produzione italiana The Town of Light di LKA e alla serie Assassin’s Creed della multinazionale Ubisoft, queste ultime due produzioni hanno permesso di far conoscere le località  in cui sono stati ambientati e hanno, in alcuni casi, generato un aumento del turismo (rispettivamente Volterra e, per gli episodi di Assassin’s Creed ambientati in Italia, la Toscana, la Romagna e Venezia)
  • Informativo: lo sviluppo di videogiochi che trattano di notizie permette di raccontare e far comprendere in modo interattivo fatti del mondo e problematiche connesse a essi, in modo da offrire al destinatario una chiave di lettura diversa per comprendere l’argomento. Nasce così il fenomeno del Newsgaming. Ricordiamo Phone Story di Molleindustria sulla produzione degli smartphone o The Firm di Sunnyside Games sul lavoro dei trader di Borsa.

In questo articolo ci soffermeremo sulla parte educativo/formativa.

Secondo l’ultima stima AESVI (Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani) del 2016 in Italia sono presenti 29,3 milioni di videogiocatori di cui la fascia più rappresentativa è quella che va dai 35 ai 44 anni, seguita da quella tra i 45-54enni e solo dopo dai 25-34enni. Sono fasce che coinvolgono tutte persone in età  lavorativa.

L’aspetto cruciale del videogioco è dato dal risultato che genera l’esperienza videoludica: il Flow o, in italiano, “l’esperienza ottimale”.
Usiamo questa immagine per comprenderla meglio: leggiamo un libro appassionante, guardiamo un bel film; siamo molto coinvolti e ricordiamo a memoria passi e scene senza alcuno sforzo, quasi si fossero firmate nella nostra memoria. Pensiamo che sia passata una mezz’ora o un’ora e vediamo che il tempo è volato. Sono passate tre ore.

Il flow è quello stato tra l’ansia e la noia che si genera quando alla persona è proposta un’esperienza impegnativa ma adeguata alle conoscenze che ha acquisito fino a quel momento.
E’ durante questa esperienza ottimale (che si vive nel videogioco) che corpo e mente sono estremamente ricettivi ed è là che si è pensato di intervenire e di introdurre il processo formativo.

Grafico noia ansia hr

Un esempio concreto lo si trae dall’ambito militare.
Nel 1980, l’esercito americano decise di utilizzare un videogioco per l’addestramento dei propri militari al comando di un particolare modello di carri armati. Presero in considerazione Battle Zone, gioco di successo dell’Atari, cui la US Army chiese una edizione speciale a partire da quel prodotto; svilupparono così il simulatore Bradley Trainer.

In parallelo per l’utente finale, ma inizialmente con meno impatto, si affianché l’utilizzo dei videogiochi per proporre un apprendimento semplice e immediato delle nozioni scolastiche di base.
Dal punto di vista formativo si distinse sul computer Apple 2 il videogioco Oregon Trail, che fu utilizzato con successo negli anni 80 nelle scuole elementari americane per insegnare la storia e la realtà  americana nel XIX secolo.

Con il passare degli anni si affinano le tecniche di Game Design e migliora la tecnologia e con questo migliora anche l’efficacia di queste esperienze. Si coinvolgono psicologi e altre figure che arricchiscono l’insieme di professioni che concorrono alla produzione di un videogioco. Arriviamo a oggi, tempo in cui il videogioco è utilizzato negli ambiti descritti sopra ed è utilizzato da multinazionali come Unilever nei processi di assunzione.

I percorsi che si propongono alle aziende che vogliono utilizzare i videogiochi sono due:

Sviluppo ad hoc del prodotto: l’azienda contatta uno studio di sviluppo; presenta gli obiettivi da raggiungere a livello formativo e lo studio progetta il videogioco.

Utilizzo di prodotti esistenti: l’azienda contatta un consulente o azienda che lo affianchi in questi progetti; si presenta l’obiettivo, si sceglie il prodotto videogioco commerciale che più risponde agli obiettivi da conseguire; si progettano strumenti che completano l’esperienza di gioco dal punto di vista formativo (strumenti che analizzano le esperienze e le partite giocate o strumenti che aumentano l’interazione tra i partecipanti). La soluzione è pronta in questo modo per essere utilizzata nel proprio ambito formativo.

In tutte e due i casi è necessario affiancare alla parte ludica e di esperienza un tempo di restituzione mediato dal formatore, in modo che tutto ciò che si è svolto non sia letto esclusivamente come attività  ludica; se non si considera questa parte, ai discenti rischia di rimanere solo la parte emotiva o divertente dell’esperienza; questo costituisce un insuccesso, in quanto non si è stati in grado di far leggere in modo diverso l’esperienza al discente. In funzione della loro età  e della loro esperienza di vita, ogni persona ha un modo differente di leggere la realtà, modo che deve essere guidato dal formatore, affinché si educhi la persona a decodificare quello che l’esperienza ha realmente rappresentato per lei dal punto di vista formativo e raggiungere così l’obiettivo.

A partire dall’arrivo della Realtà  Virtuale giunta nel mondo consumer nel Q1 del 2016 con HTC Vive, Oculus Rift e Sony Playstation VR, le esperienze di gioco e educative si arricchiscono di un nuovo modello di coinvolgimento e si propone un nuovo foglio bianco di idee che i game designer saranno chiamati a costruire con la loro creatività  al fine di progettare una formazione efficace e sempre più a misura di persona.

Articoli correlati