L’analisi del fabbisogno formativo e la dimensione del desiderio

05.04.2018 - Tempo di lettura: 2'
L’analisi del fabbisogno formativo e la dimensione del desiderio

Nel marketing si parla da sempre di bisogni latenti della clientela cioè di quel costrutto cognitivo multifattoriale che ci porta a sperare nell’esistenza di un prodotto o servizio in grado di soddisfare aspettative non completamente chiare o coscienti.

Il consumatore diventa consapevole del suo bisogno solo quando questo viene stimolato, portato alla luce, spiegato e, in qualche modo, preparato ad accogliere le soluzioni disponibili.

Il bisogno latente non è meno forte o nobile di quello cosciente ed esplicitato, segue solo un processo decisionale e motivazionale diverso.

Un responsabile della formazione aziendale si ritrova ad effettuare anche questo tipo di considerazione poiché i dipendenti a qualsiasi livello di responsabilità  – costituiscono il pubblico interno da ascoltare, valorizzare, e, soprattutto, vitalizzare.

Quella dell’analisi del fabbisogno formativo è, quindi, una fase complessa e delicata che deve tenere in considerazione numerosi interlocutori, fattori e strumenti.

Indagare bisogni consapevoli attraverso questionari, interviste, focus group o indicazioni dei superiori è pratica consolidata nelle organizzazioni che funzionano, ma cosa succede quando il collaboratore non ha particolare percezione dei suoi gap formativi a livello di sapere, saper fare o saper essere?

Se cogliere scarsa abilità  nell’utilizzo di una procedura o falle nella conoscenza di una normativa è piuttosto semplice (o oggettivo) diagnosticare correttamente (e senza incidenti diplomatici) aree di miglioramento legate ai comportamenti, all’approccio sul lavoro, alle capacità  relazionali o alla resilienza può risultare arduo e generare grande resistenza.

Sono numerosi i progetti di training che falliscono perché infettati trasversalmente dal senso di diffidenza o, peggio, di sufficienza manifestato da intere popolazioni che non riescono a trovare spazi applicativi dei contenuti proposti in formazione, a prescindere dalla gradevolezza degli stessi.

Con l’intento di sbloccare un qualche potenziale e consentire una specie di stretching delle mappe mentali individuali, alcuni education manager spingono le risorse a entrare in contatto con tematiche sempre nuove, non immediatamente collegate con il business.

Il principio non è affatto scorretto, tuttavia, stimolare curiosità  e consapevolezza attraverso la proposta di tutto e del contrario di tutto, può generare confusione e risultare dispersivo, specie se non comunicato in modo intelligente (marketing di progetto).

In questo senso potrebbero risultare funzionali alcuni accorgimenti:

  • Nella fase di ricerca, evitare di indagare solo bisogni in senso stretto (spesso tradotti in semplice addestramento) e provare ad esplorare anche la dimensione del desiderio. Con questo non si suggerisce di favorire una sostituzione di attività  utili per il ruolo con corsi di taglio e cucito o paracadutismo, ma solo di prestare attenzione ad una dinamica di change management complessiva nella quale rientrano anche i concetti di sviluppo (futuro), motivazione (e perdita della stessa), costante envisioning organizzativo (date le continue mutazioni organizzative);
  • Utilizzare la comunicazione interna o le piattaforme di social learning per alfabetizzare rispetto al valore di contenuti non cruciali per gli obiettivi del trimestre, ma in grado di generare idee, amplificare benessere organizzativo, favorire un sentirsi parte altrettanto cruciali per i risultati di fine anno;
  • Rigettare, per quanto possibile, la pratica semplicistica dei mega cataloghi formativi senza logica scopiazzati qua e là  dalla rete con l’unico criterio del questo i manager non l’hanno ancora fatto e inviati, poi, a pioggia ai dipendenti via mail tanto per far vedere che l’azienda pensa a te e ti mette a disposizione un bel negozio di caramelle dal quale pescare a caso.

Se il responsabile formazione è il primo a lanciare il meta messaggio: “tieni, fai la spesa e divertiti”, c’è poco da stupirsi se in aula non troveremo persone realmente interessate a mettersi in gioco o acquisire nuove competenze, ma solo individui che ambiscono a passare una giornata diversa, cercando per tutto il tempo di capire dove si trovi la cassa.

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