Intelligenza Artificiale: nuove opportunità per il settore legale

26.05.2025 - Tempo di lettura: 5'
Intelligenza Artificiale: nuove opportunità per il settore legale

La professione legale, quella che per secoli si è cullata nell’abbraccio rassicurante di codici, fascicoli e rituali consolidati, oggi si trova davanti a un bivio esistenziale, una di quelle svolte che  lascia il segno. L‘Intelligenza Artificiale non bussa più alla porta degli Studi legali italiani, ma è entrata prepotentemente nelle nostre stanze, sedendosi accanto a noi mentre prepariamo pareri, scardiniamo precedenti giurisprudenziali o elaboriamo strategie difensive. Alcuni Professionisti l’hanno già invitata a prendere posto alla scrivania, altri la guardano con sospetto dalla porta, temendo che possa portarsi via il pane quotidiano. Ma di una cosa possiamo essere certi: chi resta immobile, ancorato alla professione di ieri, rischia di trasformarsi in un romantico reperto d’antiquariato giuridico.

Un mercato in profonda trasformazione

Il mercato europeo dei servizi legali vale oggi circa 198 miliardi di euro e tutti gli analisti concordano che raggiungerà i 245 miliardi entro il 2030. Il motore propulsore? Non più solo la consulenza tradizionale, ma quell’acceleratore tecnologico che sta ridisegnando i confini della professione. Vi stupirà sapere che il segmento delle legal tech in Europa ha già raggiunto i 6,38 miliardi di dollari nel 2023, con una crescita annua prevista dell’8,9% fino al 2030. Numeri che fanno certamente riflettere.

Ciò che colpisce – e qui sta la vera rivoluzione copernicana – è lo spostamento degli investimenti tecnologici. Se fino a ieri erano gli Studi di grandi dimensioni a guidare la digitalizzazione (i famosi “paperless office” che tanto andavano di moda nei primi anni 2000), oggi assistiamo a una corsa all’innovazione anche tra i piccoli e i piccolissimi. Questi ultimi stanno aumentando la propria spesa tecnologica a un ritmo del 56% annuo, più del doppio della media del settore! È come se la boutique legale sotto casa avesse compreso che senza un “upgrade tecnologico” rischia di diventare come le videoteche nell’era di Netflix: un ricordo nostalgico del passato.

Le nuove frontiere della consulenza legale

L’entrata in vigore dell’AI Act europeo il 1° agosto 2024 ha spalancato le porte alla consulenza legale specializzata. Vi ricordate cosa accadde con il GDPR nel 2018? Ebbene, ci troviamo di fronte a un fenomeno simile, ma potenzialmente più dirompente. Questo regolamento pionieristico – il primo quadro normativo completo al mondo per l’Intelligenza Artificiale – ha generato una domanda senza precedenti di consulenza in materia. La regolamentazione dell’AI rappresenta per gli Studi legali un’opportunità enorme di nuovo business, simile a quella che il GDPR ha creato per la privacy. Gli avvocati che sapranno sviluppare competenze specifiche in quest’area potranno creare practice altamente redditizie, assistendo le aziende nella classificazione dei sistemi di AI, nell’implementazione di misure di compliance e nella governance algoritmica.

E parliamo di cifre importanti: le sanzioni per violazioni dell’AI Act possono raggiungere la bellezza di 35 milioni di euro o il 7% del fatturato globale dell’azienda. Vi sembra poco? In questo scenario, alcuni hanno già fiutato l’affare: in Italia diversi Studi legali hanno già creato dipartimenti dedicati alla blockchain, criptovalute e fintech, espandendosi poi all’Intelligenza Artificiale con dipartimenti di “Data & Technology Innovation”.

La digitalizzazione sta, inoltre, rivitalizzando aree già consolidate come la privacy e la protezione dei dati. L’intersezione tra GDPR e Intelligenza Artificiale ha creato un terreno fertile per nuove complessità legali e opportunità professionali. I dati di mercato lo confermano: la domanda di consulenza in quest’area è aumentata del 27% nell’ultimo anno.

Evolversi o estinguersi: i casi emblematici

Avete presente la teoria dell’evoluzione di Darwin? Nel mondo legale di oggi funziona esattamente così: non sopravvive il più forte o il più intelligente, ma quello che meglio si adatta al cambiamento. Il processo di trasformazione degli Studi legali italiani ed europei offre lezioni preziose attraverso casi concreti, vere e proprie “best practice” da cui trarre ispirazione.

Portolano Cavallo rappresenta un esempio emblematico di innovazione incrementale ed efficace. Con sedi a Milano, Roma e New York, lo studio ha creato un ambiente completamente digitalizzato dove tecnici e avvocati non sono separati in compartimenti stagni, ma collaborano quotidianamente, fianco a fianco. Ingegni che diventano manager negli studi legali: gli informatici non sono più il tecnico che “sistema il computer quando non funziona”, ma veri e propri manager dell’innovazione con voce in capitolo nelle decisioni strategiche dello studio.

A livello europeo, Allen & Overy / A&O Shearman, nato dalla fusione di Allen & Overy e Shearman & Sterling nel 2024, ha integrato Harvey, una piattaforma di Intelligenza Artificiale basata sui modelli OpenAI, per tutti i suoi 3.500 avvocati in 43 uffici. Questo investimento, vincitore del premio Financial Times “Most innovative law firm in Europe” nel 2024, dimostra come le tecnologie generative non siano più una curiosità futuristica, ma strumenti concreti che stanno trasformando i processi di ricerca legale e di produzione documentale.

Ancora più ambizioso è il progetto di CMS, uno dei maggiori Studi legali in Europa, che ha supportato lo sviluppo di Noxtua, primo assistente AI legale europeo con modello di linguaggio proprietario, raccogliendo la bellezza di 80,7 milioni di euro. Definito come la prima “IA legale sovrana” europea, questo progetto rappresenta un tentativo di creare un’alternativa alle soluzioni americane, mantenendo il controllo sui dati sensibili all’interno dei confini europei. Una sorta di “sovranismo digitale” applicato al settore legale, se volete.

L’avvocato aumentato: le nuove competenze necessarie

Secondo uno studio di Goldman Sachs del 2023, l’AI ha il potenziale di gestire fino al 44% delle attività legali, una percentuale significativamente più alta rispetto ad altre professioni. Questo non significa – e lo sottolineo con forza – che gli avvocati diventeranno obsoleti, ma piuttosto che dovranno evolvere le proprie competenze. La questione non è se l’AI sostituirà l’avvocato, ma quali avvocati saranno sostituiti da quelli che sanno usare l’AI!

Le competenze digitali di base sono ormai essenziali per qualsiasi Professionista legale che voglia restare rilevante: gestione documentale avanzata, confidenza con le piattaforme collaborative, conoscenza dei principi di cybersecurity e padronanza degli strumenti di comunicazione digitale rappresentano il nuovo alfabeto della professione. Non stiamo parlando di competenze “nice to have”, ma di prerequisiti indispensabili per sopravvivere nel mercato legale di oggi.

Per le aree emergenti, le competenze si fanno più specifiche e verticali: per il diritto dell’AI sono richieste conoscenze sui framework etici, sui sistemi di valutazione del rischio, e sulle tecniche di governance algoritmica. Per la privacy, servono competenze in privacy by design, data mapping, e procedure di audit sulla conformità GDPR. Per chi si occupa di criptovalute e blockchain, è necessaria una comprensione della crittografia, degli smart contract, e delle architetture blockchain. Tutte competenze che fino a dieci anni fa sembravano appartenere più al curriculum di un informatico che a quello di un giurista.

L’aspetto più interessante riguarda però le competenze trasversali: il pensiero critico applicato alle tecnologie – la capacità di analizzare criticamente le implicazioni legali dell’innovazione – diventa fondamentale. Altrettanto essenziale è l’apprendimento continuo, in un contesto che evolve a velocità esponenziale, insieme alla capacità di collaborazione interdisciplinare con esperti tecnici e data scientist. In altre parole, l’avvocato del futuro dovrà essere un Professionista ibrido, capace di navigare con disinvoltura tra codici giuridici e codici informatici, tra clausole contrattuali e algoritmi.

Italia: tra sfide e opportunità

Organizzati o disorganizzati?

Questo è il dilemma che oggi affligge gli Studi legali italiani. Da una parte c’è la necessità di modernizzarsi per restare competitivi, dall’altra la resistenza al cambiamento tipica di un settore tradizionalmente conservatore. La concorrenza da parte di Studi internazionali con risorse ingenti rappresenta una minaccia crescente, così come la pressione sui prezzi esercitata da clienti sempre più informati ed esigenti. Non è più il tempo in cui il cliente accettava parcelle sostanziose senza battere ciglio, solo per il prestigio del nome dello Studio.

Il gap tecnologico resta considerevole e i numeri lo confermano: secondo l’Osservatorio Professionisti e Innovazione Digitale del Politecnico di Milano, gli Studi legali italiani investono in media 4.600 euro in tecnologie informatiche, una cifra decisamente inferiore rispetto ai Commercialisti e ai Consulenti del lavoro (8.700 euro) e agli Studi multidisciplinari (16.400 euro). È come se partecipassimo a una gara automobilistica con una utilitaria, mentre gli altri corrono con bolidi di Formula 1.

Eppure, per chi sa coglierle, le opportunità ci sono. Il modello boutique si sta rivelando un’alternativa valida ai grandi Studi internazionali: piccole realtà altamente specializzate possono prosperare concentrandosi sulla qualità, l’autonomia e un approccio centrato sul cliente. La ricerca “Between continuity and change in the Italian legal profession” pubblicata nel 2024 sulla International Journal of the Legal Profession evidenzia come queste strutture rappresentino un’evoluzione virtuosa del modello tradizionale italiano, capace di coniugare specializzazione e personalizzazione del servizio. In altre parole, essere piccoli non significa necessariamente essere perdenti, a patto di essere smart e focalizzati.

I fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) creano inoltre opportunità per gli studi legali di fornire consulenza alle aziende in settori strategici come la digitalizzazione e la sostenibilità, mentre le collaborazioni transfrontaliere offrono la possibilità di ampliare il raggio d’azione mantenendo l’indipendenza. Come si suol dire, nell’era digitale non conta più quanto sei grande, ma quanto sei connesso.

La trasformazione è già in atto

Se pensate che l’Intelligenza Artificiale nel settore legale sia ancora fantascienza o un fenomeno di nicchia, i dati vi smentiscono brutalmente: l’adozione dell’AI negli Studi legali italiani è passata dal 19% al 79% in un solo anno, secondo il recente studio Clio 2024. Un balzo impressionante che dimostra come la rivoluzione tecnologica non sia più un’opzione, ma una necessità per rimanere competitivi. La pandemia ha fatto da acceleratore, costringendo anche i più resistenti a familiarizzare con strumenti digitali che prima guardavano con diffidenza.

La trasformazione in atto non riguarda solo i processi interni degli Studi legali – il back office, per intenderci – ma investe la natura stessa della consulenza giuridica. L’Intelligenza Artificiale sta ridefinendo il valore aggiunto dell’avvocato, spostando il focus dalle attività ripetitive e a basso valore aggiunto (come la revisione di documenti standard o la ricerca di precedenti) all’interpretazione, alla strategia e alla creatività. In questo nuovo ecosistema, la tecnologia non sostituisce il Professionista, ma ne amplifica le capacità, consentendogli di concentrarsi sugli aspetti più complessi e intellettualmente stimolanti della consulenza. La chiave del successo sarà la capacità di bilanciare le competenze giuridiche tradizionali con l’innovazione tecnologica, offrendo ai clienti servizi a valore aggiunto che rispondano alle loro esigenze in continua evoluzione. In altre parole, servono avvocati con la testa nel Cloud ma i piedi ben piantati nel diritto.

In conclusione, a prescindere dalle dimensioni dello Studio legale, il futuro richiede una nuova cultura del lavoro e una nuova mentalità nello svolgimento della professione legale. Tutto ciò passa da nuova organizzazione, da un approccio manageriale interno ed imprenditoriale esterno, dove accanto ai Professionisti sarà necessario un personale di staff qualificato con figure tradizionali e nuove figure, che permettano allo studio di gestire il cambiamento e rimanere un protagonista del settore.

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