Dismissione cespiti, errori comuni e best practice

21.06.2021 - Tempo di lettura: 4'
Dismissione cespiti, errori comuni e best practice

La dismissione dei cespiti è senz’altro una delle fasi aziendali più importanti e alla quale spesso non viene data la giusta attenzione. Di per sé non si tratta di una procedura complicata, a patto però di rispettare le norme e i protocolli previsti. Scopriamo in questo articolo cos’è la dismissione dei cespiti, quali sono gli errori più comuni e le best practices da seguire per una gestione perfetta.

Dismissione dei cespiti: cos’è?

La dismissione dei cespiti è l’eliminazione di strumentazione con durata pluriennale utilizzata per raggiungere gli obiettivi aziendali. Nello specifico si può trattare di macchinari, di automezzi, di immobili, di strumentazione elettronica come pc, smartphone, hardware e molto altro.

Eliminare i cespiti diventa obbligatorio per questi motivi:

  •         cespiti obsoleti: macchinari con funzionamento e/o tecnologia non più adeguata;
  •         cespiti non funzionanti: strumentazione che va rottamata perché non più funzionante;
  •         cessazione aziendale: quando l’azienda viene chiusa i cespiti devono essere dismessi, quindi ceduti o rottamati;
  •         liquidazione: quando ci sono liquidazioni aziendali solitamente i cespiti vengono messi in vendita per soddisfare i creditori.

Dismissione dei cespiti: cosa fare?

Quando si procede alla dismissione dei cespiti la prima cosa da verificare è lo stato di ammortamento. Se il bene strumentale è stato completamente ammortizzato si procede allo storno del fondo di ammortamento dedicato. Se, al contrario, il bene non è ancora completamente ammortizzato, significa che per l’azienda ha ancora un valore residuo che può tradursi in una plusvalenza o in una minusvalenza.

Ma cosa significano “plus” e “minus valenza”? Per “plus valenza” e “minus valenza” si intendono le differenze tra il valore di vendita (chiamato tecnicamente valore di realizzo) e il valore aziendale (il valore assegnato al bene sottraendo ammortamento e svalutazione dal costo storico).

La seconda azione fondamentale è la compilazione di un verbale di dismissione. È bene ricordare che ogni vendita deve essere sempre registrata aggiornando il Libro Cespiti con la relativa dicitura: venduta o eliminata. Questo permette di avere sempre uno sguardo d’insieme aggiornato sulla composizione patrimoniale dell’azienda. In ogni caso, relativamente alla prassi da seguire, esistono procedure e normative differenti a seconda della tipologia di dismissione. Analizziamole nel dettaglio nei prossimi paragrafi.

Dismissione dei cespiti obsoleti

Per quanto riguarda la dismissione dei beni obsoleti c’è da considerare un aspetto fondamentale: la presunzione di cessione. Questa disciplina afferma che un bene acquistato, importato o prodotto si presume ceduto se non è più rintracciabile all’interno dei luoghi dove l’azienda svolge la sua attività. In tali luoghi rientrano anche le sedi secondarie, le filiali, le succursali, le dipendenze, gli stabilimenti, i negozi e i depositi di mezzi di trasporto utilizzati dall’impresa.

Nel caso di cespiti obsoleti, la prima cosa che deve fare l’azienda è dimostrare che per questi beni non vale la presunzione di cessione, ma sono stati bensì dismessi perché obsoleti. È molto importante procedere a questa dimostrazione, al fine di non incorrere in sanzioni fiscali.

In definitiva, possiamo affermare che la dismissione dei cespiti obsoleti avviene principalmente per due motivazioni: l’esaurimento della sua utilità per utilizzo e l’esaurimento della sua utilità a causa di fattori esterni non dipendenti dalle scelte gestionali dell’azienda.

Nel primo caso, si tratta di beni che non sono più funzionanti per eccesso di utilizzo o perché dotati di tecnologie non più all’altezza. In questi casi la dismissione è volontaria. Nel secondo caso, invece, ci si riferisce ad eventi dannosi che determinano un’alienazione involontaria del bene, come per esempio a causa di un furto o di un incendio.

Vendita di un cespite: cosa sapere

Nella dismissione di un cespite per vendita bisogna porre molta attenzione, con l’obiettivo di non subire delle sanzioni dall’Agenzia delle Entrate.

Per prima cosa, per un bene aziendale che viene ceduto deve essere stabilito un prezzo preciso. Il prezzo deve essere in linea con lo standard di mercato e coerente con il valore del bene, soprattutto in relazione allo storico del suo utilizzo. Per questo, secondo la legge, il bene va venduto al prezzo di realizzo, che è dato dal suo valore storico decurtato dal fondo di ammortamento. Per essere sicuri di non incappare in errori è opportuno farsi seguire da un tecnico specializzato, in grado di fare una perizia reale del bene.

Rottamazione dei cespiti: cosa sapere

La rottamazione dei cespiti inutilizzati e obsoleti non è una pratica molto diffusa, ma in certi casi è necessaria, soprattutto per beni particolari che contengono materiali e componenti pericolosi per la salute e per l’ambiente.

Nei casi di rottamazione, le aziende si devono affidare a ditte specializzate, le quali dovranno poi rilasciare le documentazioni opportune per la dismissione del bene. Nel dettaglio ci si riferisce a:

  •         la bolla DDT, che attesta la presa in carico del bene e il suo trasporto al centro di smaltimento/raccolta;
  •         la copia del formulario di smaltimento, come stabilito dall’art 193 del Dgl 152/2006, che deve essere compilata e vidimata dall’Agenzia delle Entrate.

Dismissione dei beni in autonomia: cosa sapere sull’autocertificazione

È possibile dismettere i beni anche in autonomia, senza rivolgersi a operatori specializzati. In questo caso, però, è opportuno fare una distinzione in base al valore del bene.  Ecco nel dettaglio le due casistiche:

  •         beni con valore inferiore a 10.000 €: in questo caso è consentito produrre un’autocertificazione in cui si dichiara lo smaltimento in autonomia del bene per cessato utilizzo. Questa autodichiarazione deve necessariamente essere inviata, entro 5 giorni dallo smaltimento, tramite PEC all’Agenzia delle Entrate o, in alternativa, al comando locale della Guardia di Finanza.
  •         beni con valore superiore a 10.000 €: in questo caso il verbale di distruzione è di competenza del Pubblico Ufficiale della Guardia di Finanza o dell’Ufficiale dell’Agenzia delle Entrate. Il verbale deve essere redatto sul luogo dello smaltimento e la richiesta di distruzione deve essere inviata dall’azienda all’ente competente almeno 5 giorni prima della ipotizzata rottamazione, al fine di poter organizzare la presenza di un verbalizzatore.

Gli errori più frequenti nella dismissione dei cespiti

Spesso la dismissione dei cespiti viene gestita dalle aziende in modo poco professionale, con una certa leggerezza. È bene sapere che tale modalità di approccio è completamente sbagliata e soprattutto può portare a conseguenze molto gravi.

Nel particolare questi sono i principali errori (o mancanze) commesse dalle imprese:

  •         non compilare il verbale di dimissione quando si elimina un cespite;
  •         non registrare la dismissione all’interno del Libro Cespiti;
  •         non emettere regolare fattura alla vendita dei cespiti.

Nel caso di un controllo del fisco, tutti i beni registrati nel Libro Cespiti dovrebbero trovarsi in azienda. Se questo documento non è stato correttamente compilato nel momento della dismissione, e i beni sono mancanti, si rischiano sanzioni elevate.

A regolare la dismissione dei cespiti c’è l’articolo 53 del DPR 633/72 inerente alle presunzioni di cessione e di acquisto. Se non viene evidenziata la cessione di un cespite con apposito verbale e registrazione sul Libro Cespiti la sanzione prevede una multa compresa tra il 90% e il 180% del valore del cespite, al quale vi è poi da aggiungere l’IVA.

Consigli per la gestione dei cespiti: scegli Contabilità in Cloud

La gestione dei cespiti può sembrare un’attività semplice, ma non è esattamente così. Oltra alla registrazione di eventuali dismissioni, è necessario tenere aggiornati gli ammortamenti, calcolare le percentuali di indeducibilità fiscali, registrare le minusvalenze e le plusvalenze. Per questo le aziende dovrebbero servirsi di uno specifico software per la gestione dei cespiti, come ad esempio Contabilità in Cloud.

Contabilità in Cloud è il software di TeamSystem pensato per la gestione della contabilità nelle PMI. È semplice, intuitivo e ideale per gestire tutte le innovazioni della Digital Transformation. Tra le innumerevoli funzionalità del software spicca l’area dedicata gestione dei cespiti dove, ad esempio, è possibile:

  •         registrare le operazioni sui cespiti;
  •         calcolare le percentuali di ammortamento secondo la tabella ministeriale della propria attività;
  •         personalizzare le categorie di cespiti;
  •         gestire le minusvalenze/plusvalenze;
  •         stampare i bilanci provvisori e il registro dei cespiti.

Il software ideale per avere il controllo totale sulla gestione dei cespiti.

TeamSystem è da sempre al fianco delle aziende e degli studi nei processi di innovazione digitale. Tutte le nostre soluzioni sono finanziabili e attraverso una partnership con SIDA Group, società di consulenza finanziaria, supportiamo i nostri clienti nei processi di richiesta di questi contributi.

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