L’ecommerce ha la febbre alta

13.02.2020 - Tempo di lettura: 4'
L’ecommerce ha la febbre alta

Se l’industria italiana vive un momento di stallo e la domanda estera è fiaccata dalla guerra dei dazi, la vendita di prodotti e servizi online cresce senza sosta in tutto il mondo. Nel 2019 l’e-commerce è in un vero e proprio stato di grazia: in Cina la vendita online tocca la vetta del +11,6%, segna un + 8,1% negli Stati Uniti e si porta a casa un risultato più che soddisfacente in Europa con un + 7,5%.

In Italia l’e-commerce macina, ma non ancora abbastanza: gli italiani sono 55 milioni, ma solo il 44% compra online e le imprese made in Italy che vendono su piattaforma sono il 10%, la metà di quello che accade in Inghilterra, dove il 20% delle imprese ricorrono all’e-commerce e l’86% della “popolazione neo brexit” sceglie di acquistare online.

Più vicini geograficamente parlando, ma comunque distanti anni luce, sono i nostri vicini di casa svizzeri che segnano nel 2018 il primato in Europa come popolazione dedita all’acquisto online con il loro 88%. Fanalino di coda l’Ucraina con il 22%.

Cosa (e come) si acquista online in Italia

Questi sono i dati alla mano secondo la ricerca del Consorzio Netcom, il palco degli acquisti su piattaforma e-commerce in Italia è riservato al settore fashion e dell’elettronica (54% fashion – 53% libri, musica e intrattenimento – 51% elettronica ed elettrodomestici per la casa). Nello specifico, il report annuale di The European Eurocommerce stila una classifica dei best selling online per l’Italia: Amazon al primo posto, Zalando si piazza secondo, Apple al terzo posto, in successione arrivano Privalia, Esselunga e Yoox a chiudere la classifica.

Il metodo di pagamento più scelto tra gli italiani è con carta di credito e bancomat, seguono PayPal e contanti. Nel panorama del delivery il 76% di chi acquista online sceglie la consegna a casa, l’8,9% presso un ufficio postale, l’8,4% in ufficio, il 3,9% a casa di un’altra persona. Solo l’1,4% non ha ancora ricevuto il suo pacco.

Comprami, io sono vendita

Nel 2019 il fatturato dell’e-commerce B2C in Europa si aggira sui 621 miliardi di euro, secondo il report europeo di Ecommerce Foundation Amazon è la piattaforma che ospita negozi online più cliccata in tutta l’Europa meridionale, a esclusione della Grecia che segue l’atteggiamento di Norvegia e Finlandia premiando Ebay. Per Portogallo, est Europa, Paesi Bassi e Russia la piattaforma di riferimento per gli acquisti è Aliexpress.

E-commerce made in EU

In questo quadro idilliaco la febbre dell’e-commerce sembrerebbe non trovare soluzione di continuità, e nemmeno ostacoli sul suo cammino di ascesa. L’utente digita sui motori di ricerca il suo bisogno, subito tradotto in parola chiave dagli algoritmi dei più grandi marketplace, che reagiscono posizionando la propria risposta nella parte più alta della pagina di ricerca. Questo meccanismo guida le scelte dell’utente secondo lo studio americano di Nielsen Norman Group sull’user experience: gli utenti concentrano il 57% del loro tempo di navigazione sulla parte superiore della pagina web, il 74% del tempo è dedicato nello specifico ai primi due risultati.

Chi prima arriva meglio alloggia, e piattaforme intermediarie come Amazon, Tripadvisor e Booking non si posizionano mai al di sotto del podio della ricerca.

Bruxelles tira il freno

Il ranking è importante, ma lo sono anche le condizioni di servizio che regolano la collaborazione tra i colossi digitali e le piccole imprese fornitrici, che sfruttano la visibilità di quest’ultimi per offrire i propri servizi e prodotti. L’Europa, quindi, fissa delle regole etiche di trasparenza ed equità con il Regolamento 1150 del Parlamento Europeo e del Consiglio.

Dal 12 luglio 2020 ci sarà più chiarezza sul funzionamento del ranking nei servizi di intermediazione online, e più trasparenza su termini e condizioni del servizio, così come sulle motivazioni di de-indicizzazione o chiusura di un profilo. Le piattaforme non saranno obbligate a svelare come funziona il loro algoritmo, è comunque sempre tutelato il segreto aziendale, ma le asimmetrie ora presenti saranno calibrate nell’ottica di una maggiore equità.

Il terzo occhio dell’AI

La sfida della visibilità non si gioca unicamente sul campo del ranking: il consumatore vuole capire subito se il servizio o il bene proposto, risponde perfettamente alle sue esigenze; gli utenti sono sempre più curiosi, esigenti e con sempre meno tempo a disposizione.

La parola magica è Customer Experience.

Per capire (e anticipare) il comportamento, i bisogni e le aspettative dei clienti non basta più una personalizzazione superficiale che possa andare “più o meno bene” per tutti i segmenti di clienti, oggi entrare in empatia con il proprio cliente è l’unico modo per poter fornire – immediatamente – delle soluzioni che siano soddisfacenti in prima battuta a livello individuale.

In questa vera e propria corsa contro il tempo, il mercato online direziona la sua azione verso i modelli predittivi dell’AI, che può anticipare le intenzioni di consumo – a patto però di avere tanti, tanti dati a disposizione. L’analisi e l’elaborazione compiute dall’Intelligenza Artificiale consentono alle aziende di acquisire una conoscenza profonda del proprio cliente, ma saranno poi le persone all’interno delle aziende, quelle che “l’azienda la fanno”, ad avere la possibilità di far evolvere modelli di business e modelli relazionali nell’ottica di Customer Centricity, solo grazie a quel pizzico di indispensabile fattore umano.

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