Riportiamo, grazie a quanto fornito da Fitness Network Italia, i dati della ricerca dell’International Fitness Observatory sul mercato del fitness in Italia e l’impatto dovuto all’emergenza per il coronavirus.

IFO-International Fitness Observatory, in collaborazione con la società Egeria e con il supporto di Fitness Network Italia, ha realizzato una ricerca, coordinata da Paolo Menconi, presidente dell’osservatorio, coinvolgendo oltre 6.700 club in tutta Italia.

L’Italia, con l’8% del mercato europeo era al quarto posto in Europa con oltre 5,5 milioni di persone iscritte in palestra e con un fatturato annuale di oltre 2,3 miliardi di euro.

Dai risultati dell’indagine emerge che il panorama delle palestre in Italia è composto per la maggioranza da piccoli club indipendenti (59%), solo il 12% appartiene a catene e quasi il 3% in franchising. Il restante 28% è formato da piccoli studi di yoga, pilates, ecc.

La maggioranza delle palestre è consolidata nel tempo: oltre il 57% infatti è in attività da più di 10 anni.

Dominano i centri (64,5%) con un numero di soci e clienti inferiore a 500. Infatti quasi la metà dei centri sportivi, pari al 47,7%, ha una superficie sotto i 500 mq; il 28% ha una dimensione fra i 500 e i 1.000 metri quadrati, mentre sono in minoranza i club fra i 1.000 e i 2.000 metri quadrati (12%) e quelli oltre i 2.000 metri quadrati (12%).

Le proposte di abbonamento (ingresso giornaliero, mensile, semestrale, annuale, ecc.) è molto varia.

Solo il 23% dei centri sportivi ha oltre della metà dei clienti con un abbonamento annuale.

Il modello prevalente nella gestione è quello dove il proprietario in molti casi si occupa sia dell’organizzazione della palestra, sia delle attività. Si consideri che infatti il 27% dei club non ha una reception e quasi il 60% non ha un consulente commerciale né amministrativo.

Lo staff tecnico sportivo impiegato rientra in un range fra 1 e 5 istruttori nell’82% dei casi; solo il 6% ne ha più di 10. Oltre l’86% dei centri sportivi dichiara di spendere meno di 30 mila euro al mese per il personale.

Paolo Menconi, presidente di IFO, afferma: “I risultati di questa ricerca indicano che l’industria del fitness è in un momento difficilissimo e senza precedenti. Non va dimenticato che è un settore che ha un ruolo sociale fondamentale per il benessere psico-fisico dei cittadini, con un’offerta molto variegata e per tutte le tasche. Il settore va protetto con interventi strutturali seri e concreti, sia per chi vi lavora sia per i clienti, per potersi rimettere in piedi e continuare a guardare serenamente al futuro.”

Oltre l’83% delle palestre ritiene che le misure adottate finora non siano sufficienti a sostenere il settore.

La situazione è difficile per tutti. Diversa è la capacità economica di poter resistere: il 22% dichiara di avere autonomia per 1 mese, il 61% ritiene di non avere le forze economiche per superare la crisi per 2 mesi. Sale al 77,3% la percentuale delle aziende sportive che potrebbe non farcela al terzo mese. Al quarto mese di stop sale oltre l’82% il rischio di non sopravvivenza delle strutture. Solo il 3,4% dei club potrebbe avere le risorse economiche per resistere a cinque mesi di chiusura.

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