Domenica 25/10/2020 sarà una data che il mondo del fitness e del wellness non dimenticherà facilmente. Con il DCPM n.265 è stata sancita la chiusura di palestre, piscine e centri sportivi ai fini del contenimento del Coronavirus. Di nuovo.
Un decreto, in parte inaspettato dati i risultati incoraggianti delle ispezioni dei NAS nelle strutture sportive, che mette in seria difficoltà il mercato del fitness.
Una decisione che arriva dopo che con sacrificio si è riaperto in estate, dopo che tanti investimenti sono stati fatti per mettere in sicurezza gli impianti e per impostare un sistema a prenotazione ed evitare assembramenti, dopo che sono stati introdotti termoscanner e conteggio dei presenti, oggi siamo nuovamente nella condizione in cui occorre chiudere tutto.
In realtà non proprio tutto, alcune attività di fatto possono continuare a essere svolte.
A differenza della chiusura primaverile, dove regnava l’incertezza e la confusione, non si sapeva quando e come sarebbe stato possibile riaprire, oggi siamo ancora in pista.
Siamo come dei piloti dietro a una safety car, che stanno aspettando di capire quando sarà di nuovo possibile sfruttare in pieno tutte le proprie potenzialità, tenendo caldi i freni e le gomme per la ripartenza.
E l’unica cosa che si può fare adesso è allenarsi, allenarsi per essere pronti non appena la safety car uscirà dalla pista e potremo tornare a correre alla massima potenza.
Per affrontare in modo razionale e concreto questo “allenamento” dal punto di vista fiscale e giuridico abbiamo posto alcune domande a Luca Mattonai (successivamente LM), tributarista specializzato in aziende sportive e titolare dello studio Mattonai.
Quali sono le attività consentite oggi secondo il DPCM?
LM: Sembra un po’ un controsenso chiudere lo sport, che per definizione si occupa del benessere della persona, ma è importante ricordare che l’obiettivo del DPCM è la riduzione della socialità collegata alla possibile diffusione del contagio, quindi non è lo sport di per sé che pone delle criticità, bensì l’assembramento che può generare la pratica dell’attività sportiva. Risulta quindi facile capire come certe attività sono consentite, seppur nel rispetto di certi limiti. Tornando alla metafora della safety car occorre porre mettere massima attenzione nel non superare la safety car durante il riscaldamento delle gomme.
Detto questo possiamo distinguere tra attività al chiuso e attività all’aperto. A loro volta, queste attività, possono essere distinte in sport da contatto e sport senza contatto.
Le attività al chiuso possono continuare solo se vi è un interesse nazionale. Cosa vuol dire interesse nazionale? L’argomento è molto delicato e occorre fare massima attenzione alla declinazione di questa definizione. Personalmente sto vedendo “di interesse nazionale” delle attività che fino a ieri non ritenevo tali. Però io dico: attenti perché le sanzioni poi ci sono e vanno a chi promuove questo tipo di attività.
Vi invito quindi a consultare le varie specifiche fatte dalle Federazioni.
All’aperto l’attività sportiva può essere praticata. Chiaramente rispettando tutte le prescrizioni in termini di prevenzione: 2 metri di distanza, uno se siamo fermi o dobbiamo fare assistenza a bambini o disabili; no contatto, no assembramento.
Come possiamo capire se all’aperto si stanno rispettando tutte le normative?
LM: Fortunatamente il protocollo uscito la settimana scorsa con le linee guide in merito alla sicurezza in ambito sportivo è fatto veramente bene, quindi invito tutti alla sua consultazione e alla redazione del DVR (documento di valutazione dei rischi) laddove non sia ancora stato fatto.
Anche le FAQ del Dipartimento dello Sport sono una fonte utile di informazioni per capire cosa è consentito e cosa no.
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Relativamente all’attività dei PT, come ci si deve comportare secondo DCPM?
LM: Molte FAQ riguardano questo tema. Non è chiaro dove sia eventuale socialità e quindi rischio di contagio nell’attività di PT one to one. Tuttavia all’aperto è consentito, ma al chiuso si può fare solo se è un presidio sanitario (fisioterapia, riabilitazione ecc)…attenzione però a non cadere in un’altra problematica che è l’abuso della professione medica.
No il recupero funzionale che è sempre un po’ in mezzo a quello che è l’allenamento e la riabilitazione. Questo purtroppo non è consentito.
Qualche fraintendimento potrebbe derivare dal fatto che le attività rivolte alla cura della persona sono, ad oggi, consentite. Quindi qualcuno potrebbe pensare che la seduta di PT rientri in questa categoria. Qui bisognerebbe verificare i codici ATECO di ogni singola professione, tuttavia risulterebbe molto difficile, in fase di controllo, dimostrare tutte queste sfumature circa l’attività di cura della persona.
Se la seduta di PT non può essere praticata in palestra, il professionista può recarsi a casa di un proprio assistito per erogare la prestazione?
LM: Non c’è nessuno specifica che lo vieta, però ricordo la raccomandazione del DCPM di evitare di accogliere in casa persone non conviventi a meno che non ci siano esigenze lavorative o reale urgenza. E’ consigliato, non c’è nessuna restrizione oggettiva su questo.
Il PT può andare in palestra per effettuare registrazioni video o altre necessità lavorative diverse dall’erogazione della prestazione diretta al cliente?
LM: Si, non siamo nel lockdown totale. Possiamo muoverci, spostarci, andare in palestra per esigenze lavorative diverse dalla pratica sportiva.
Come gestire il lavoro dei collaboratori? Chi può recarsi all’interno del centro sportivo?
LM: Nel centro sportivo, ai fini dello svolgimento delle proprie mansioni, può stare il deskista, ci può stare il legale rappresentante, il manutentore. Non ci scordiamo però che per i dipendenti è prevista la possibilità di smartworking. Per attivarlo c’è una procedura snella ed è quindi molto semplice metter i propri collaboratori in condizioni di lavorare da casa. Anche perché molto presto si presenterà la necessità di gestire i voucher quindi è bene organizzarsi.
Un’altra possibilità prevista, qualora ve ne sia la necessità, è la CIG, si parla di 6 settimane.
In generale comunque è importante non generare assembramento, quindi anche le riunioni, se possibile, sarebbe opportuno svolgerle da remoto.
A chi rivolgersi per chiarire eventuali dubbi in merito alle possibili violazioni e relative sanzioni?
LM: Il 21 ottobre è uscito il prontuario della Guardia di Finanzia che stabilisce quali sono i comportamenti sanzionabili e le conseguenti sanzioni civili e penali. Vi invito quindi a consultare questo documento prima di prendere qualsiasi decisione operativa.
Cosa occorre tener presente quando si decide di svolgere il proprio servizio all’aperto?
LM: Prima di tutto è essenziale ricordare che anche all’aperto ci sono delle prescrizioni da rispettare, pertanto è opportuno aggiornare il DVR per l’attività all’aperto.
Secondariamente bisogna distinguere dove pratichiamo questa attività: è un parco e quindi un’area pubblica o il piazzale, il giardino della palestra e quindi area privata?
Le cose cambiano: se c’è un uso di aree pubbliche occorre domandarsi se è il caso di comunicarlo a chi di dovere. Se invece l’area è privata c’è già la disponibilità dello spazio.
Per quanto riguarda il suolo privato potrebbe esserci un contratto di locazione o di comodato (ad esempio se chiediamo al vicino di affittarci o darci in comodato un campo non utilizzato per lo svolgimento dell’attività); su suolo pubblico è possibile fare una convenzione.
Ricordo infine che se si utilizza un suolo privato non si è soggetti al pagamento della TOSAP (che è la tassa relativa alla servitù di pubblico passaggio), mentre se siamo su suolo pubblico questo pagamento è dovuto.
Eventualmente può essere sentito il singolo comune se possibile ottenere sgravi e/o incentivi.
C’è da fare qualche tipo di comunicazione se si decide di svolgere la propria attività all’aperto?
LM: Non è obbligatorio, ma consigliato, preparare una dichiarazione da inviare tramite PEC per segnalare che a partire dalla data X si intende praticare l’attività all’esterno del centro sportivo in ottemperanza alle norme di sicurezza indicate per il Corona Virus.
In termini di emissione di rumore ci sono delle restrizioni?
LM: Su questo tema è bene consultare le normative comunali perché potrebbero esserci delle restrizioni. Potrebbe essere che in certi luoghi e/o vicino a certi luoghi non sia consentito svolgere attività rumorosa (come ad esempio può essere un corso di zumba o aerobica) in determinate fasce orarie.
La SIAE deve essere informata se si svolge l’attività all’aperto?
LM: Si, consiglio di verificare con la SIAE e comunicare che si svolgerà un’attività all’aperto e dove verrà svolta l’attività. Occorre anche dichiarare che l’attività è svolta nel rispetto di tutte le normative di sicurezza per il Corona Virus
Che tipo di assicurazione serve se si vuole svolgere la propria attività all’aperto?
LM: Ricordo che l’assicurazione è obbligatoria nell’ambito della pratica di attività sportiva, sia che si tratti di attività indoor che outdoor, il tesseramento dei propri iscritti serve proprio a questo: ad assicurarli tramite un Ente sportivo o una Federazione.
Non obbligatoria, ma consigliata, anche un’assicurazione di responsabilità civile per danni a terzi. All’aperto gli infortuni potrebbero essere più probabili; terreni sconnessi o visibilità minore o la non conoscenza della zona potrebbero aumentare i rischi di infortunio.
Inoltre attrezzando un’area con macchinari potrebbe valer la pena valutare un’assicurazione contro furto e/o danneggiamento, poiché all’esterno non è ovviamente garantita la stessa sicurezza che può esserci all’interno dell’impianto.
Attenzione anche al defibrillatore. Molte volte non ci si pensa, ma anche all’aperto si ha l’obbligo di tenere il defibrillatore.
E’ possibile, per un’associazione sportiva, pubblicizzare eventi outdoor?
LM: La divulgazione dell’attività all’aperto si può fare. Tanti hanno l’idea che nell’ambito delle associazioni sportive non si possa fare pubblicità, ma in realtà è possibile. Per chi voglia cercare anche una risposta recente in ambito giuridico può andare a vedere la circolare 18/E dell’agosto 2018 dove si parla appunto della divulgazione che di per sé non costituisce motivo per ritenere un’attività commerciale.
Suggerisco tuttavia di specificare, nella divulgazione, la sua finalità, ovvero che è necessaria per lo sviluppo dell’attività sportiva dilettantistica. Una sorta di pubblicità progresso quindi.
E’ possibile attuare dei corsi online?
LM: Certo, ricordo però di porre molta attenzione agli aspetti legati all’ambito associativo e al tesseramento. Non tanto per gli associati già iscritti, ma per i nuovi. Il tesseramento online per i nuovi iscritti è possibile e bisogna tener presente anche le responsabilità connessa alla pratica sportiva laddove il trainer non è fisicamente presente. Ovvio che non si proporranno online degli esercizi come capriole o salti pericolosi.
Addirittura ci sono degli enti sportivi che hanno esteso l’assicurazione anche all’ambito domestico.
Come si gestisce la vendita di corsi online da un punto di vista fiscale?
LM: Da un punto di vista fiscale il mezzo attraverso cui viene fatta l’attività (online o onsite) non cambia. Ricordo che perché siano presenti delle agevolazioni fiscali è necessario:
- Essere associazioni sportive (meno problemi hanno i PT con p.iva e attività commerciali)
- Tener presente a chi è erogata la prestazione: se è associato o tesserato
Ma soprattutto quello che dobbiamo domandarci è: cosa sto vendendo? Per cosa mi stanno pagando?
Se il servizio è istituzionale, a mio giudizio, se anche viene erogato tramite mezzo digitale il mezzo non ne cambia la natura e pertanto ha la stessa rilevanza fiscale dell’attività svolta di persona all’interno del centro sportivo. Ma questo è un mio giudizio.
Nel prossimo incontro digitale del 3 novembre: affronteremo il tema della preparazione in vista della ripartenza da un punto di vista strategico e operativo: come interpretare il nuovo scenario, come gestire la comunicazioni, quali soluzioni adottare e che strumenti mettere in campo….
Guarda il video completo dell’incontro digitale con Luca Mattonai
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