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Un sistema modello per l'efficientamento degli edifici

Migliorare le prestazioni dell’esistente è la regola madre che l’edilizia italiana sta seguendo nell’ultimo decennio. L’intero mercato delle costruzioni si è repentinamente spostato dalla nuova costruzione al rinnovamento del patrimonio edilizio, che sia esso concepito come rigenerazione urbana (larga scala) o ristrutturazione di singoli immobili (piccola scala).

La saturazione del territorio ed un nuovo approccio nei confronti della difesa del suolo hanno indicato la strada da seguire anche a livello Normativo, inducendo il Legislatore ad introdurre strumenti di limitazione alla realizzazione del nuovo (ad es. L.R. 31/2014 della Lombardia sulla riduzione del consumo di suolo) così come premialità di vario genere per interventi mirati al rinnovamento del patrimonio immobiliare esistente.

In quest’ottica sono stati davvero tanti i passi compiuti: dai primi bonus ristrutturazione del 36% (poi portato al 50%), passando attraverso gli scomputi volumetrici e le deroghe alle distanze tra edifici per la realizzazione di coibentazioni sull’involucro edilizio, l’equiparazione degli interventi di demolizione e ricostruzione alla ristrutturazione, fino agli Eco e Sismabonus dei tempi più recenti.

Dove ci ha portati questo percorso ormai ultradecennale di Bonus?

Sicuramente ad avere una buona percentuale di edifici più efficienti, con minori consumi energetici e più alti livelli di comfort abitativo. Ma non solo.

Ci ha portati soprattutto ad una migliore conoscenza dell’oggetto-edificio, ad elevare le professionalità in maniera netta quando si tratta di analizzare il profilo energetico di un fabbricato e di individuare le soluzioni tecnologiche migliori per implementarne l’efficienza.

Un bagaglio di conoscenze che è cresciuto in maniera esponenziale, guidato dalle necessità del mercato e dalle richieste dell’utente finale, del quale forse pochi si sono resi conto: se pensiamo al panorama edilizio di 15/20 anni fa, oggi progettisti ed imprese sono notevolmente più maturi quando sono chiamati a lavorare su concetti come l’involucro edilizio, l’implementazione impiantistica, l’efficientamento funzionale. Ed è stata una crescita che potremmo definire “in parallelo” per entrambi i soggetti: progettazione ed esecuzione sono cresciute in termini qualitativi di pari passo, proprio perché trattandosi di ambiti di nuova esplorazione, una parte ha avuto costantemente bisogno dell’altra per perfezionare il proprio modus operandi.

Allo stesso modo, il settore manufatturiero che fornisce materiali e tecnologie al sistema ha spinto il pedale dell’acceleratore sulla ricerca e sviluppo, moltiplicando le realtà operanti nel settore dell’efficientamento energetico sia diretto (macchinari con sempre maggior efficienza) che indiretto (coibentazioni, miglioramento del comfort abitativo) al punto che larga parte della filiera di produzione dei materiali edili può dire di aver imboccato la strada virtuosa della sostenibilità.

Potrebbe essere allora interessante una riflessione su questo processo: perché non pensare di esportare questo know-how di alto livello ormai diffuso nel settore delle costruzioni del nostro Paese, verso realtà dove la sensibilità è stata finora minore o semplicemente dove le capacità di carpire le reali opportunità che il processo di rinnovamento del patrimonio edilizio esistente rappresenta è stata inferiore rispetto alla nostra?

Tutti questi anni di sperimentazione, perché così è lecito definire un percorso che ha approcciato il mare magnum dell’ambiente costruito, con tutte le sue diversità e unicità non replicabili che ogni singolo edificio contiene in sé, sono un patrimonio importante, ma verrebbe da dire ampiamente sottovalutato.

Raramente si è finora avuta la percezione che il settore abbia acquisito la consapevolezza della propria crescita professionale, così come ancor più raramente l’opinione pubblica ha dimostrato di volerne riconoscere l’effettivo valore, volendosi piuttosto soffermare con maggior attenzione su casi di cattiva esecuzione piuttosto che su esempi virtuosi.

Sarebbe invece importante che gli Ordini professionali e le Associazioni imprenditoriali ponessero l’accento su tali aspetti positivi e, unendo le proprie forze, le concretizzassero in uno slancio propositivo che permetta di creare agli occhi del sistema Paese la visione di una nuova eccellenza produttiva da poter esportare: quella dell’efficientamento funzionale del costruito.

Sono convinto che scopriremmo di essere all’avanguardia e accorgendoci che un processo iniziato per necessità può diventare nel tempo un valore che va a generare ricchezza, non solo iper il mercato interno, ma anche oltre confine.

Ciò che ci vuole è una maggiore consapevolezza delle proprie forze e delle proprie competenze, ma anche una sempre maggior cooperazione tra professionisti ed imprese, tra progettazione ed esecuzione, per far sì che le distanze tra questi due soggetti si riducano sempre più.

E forse tra qualche anno potremmo essere qui a parlare di un modello esportabile o, meglio ancora, già esportato che possa contribuire in maniera effettiva al raggiungimento degli obbiettivi di sostenibilità ambientale che la comunità internazionale si sta ponendo, partendo da un dato innegabile: la profonda conoscenza del “saper costruire” che il nostro Paese porta con sé da secoli.

10/03/2023
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